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LA ZIA FRANCESCA

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<strong>LA</strong> <strong>ZIA</strong> <strong>FRANCESCA</strong><br />

- Ah, che Dio ti benedica, perché non me ne vendi uno?<br />

Ho qui in casa oggi il verificatore dei pesi e misure e non so che cosa dargli da mangiare.<br />

- E come faccio? – rispose il Carabetto.<br />

- Ho qui una lettera di accompagnamento dove è detto quanti sono i capponi. Conosco il mio padrone:<br />

è preciso.<br />

- E tu dirai che uno ti è scappato, - fece l’oste – che te lo hanno rubato; insomma inventerai qualche<br />

frottola. Per uno io ti do venti lire e un’ala arrosto.<br />

All’idea di mangiare un pezzo di quei bei capponi, il Carabetto si sentì venire come una specie di<br />

vertigine.<br />

- Bell’affare, - disse – un’ala! La parte più magra.<br />

- Una coscia allora, - fece l’oste; e prima che il Carabetto potesse intervenire slegò i capponi, prese<br />

quello nero che era il più grosso, e lo afferrò per il collo.<br />

- Cosa fai? Che il diavolo ti porti! – gridò il Carabetto levandosi in piedi; e intanto si chinò per<br />

afferrare gli altri due capponi che, posati in terra e mal rilegati, starnazzavano, minacciando di<br />

scappare. Li afferrò difatti brancicando, e poi si lanciò per riprendersi l’altro; ma quello con le ali<br />

abbandonate e il collo rotto, penzolava già morto tra le mani dell’oste.<br />

- E adesso?… - fece il Carabetto con gli occhi sbarrati.<br />

- Adesso lo faccio cuocere – rispose l’oste – e ti darò una coscia più venti lire, sei contento?<br />

Il Carabetto stette un istante a pensare alquanto disorientato; poi disse: - Bene, dammi le venti lire e la<br />

coscia quando sarà cotta: al canonico ci penso io.<br />

Dopo un’oretta il cappone era cotto. Il Carabetto ebbe una coscia, venti lire e un bicchiere di vino.<br />

Mangiò, bevve, intascò il denaro e ripartì.<br />

Quando giunse in casa del canonico era il vespero. Quello si era appena alzato dal suo pisolino<br />

quotidiano, e ora, sdraiato nell’orto sopra una sedia di vimini, fumava la pipa, guardando le rondini<br />

che passavano a stormi; garrendo sulla cima di un nero eucalipto.<br />

Il Carabetto fu ricevuto dalla serva, alla quale consegnò la lettera e i due capponi superstiti, con la<br />

preghiera di portare tanti auguri al signor canonico da parte del notaio Pantaleo.<br />

La serva, dopo avergli mesciuto un bicchiere di vino, andò nell’orto e porse al canonico la lettera: - Il<br />

garzone del notaro Pantaleo ha portato due capponi.<br />

Il canonico aprì la busta, inforcò gli occhiali e si mise a leggere.<br />

- Due o tre? – chiese dopo aver finito la lettera.<br />

- Due, signor canonico.<br />

- Come due? La lettera dice tre: "Molto reverendo amico e maestro colendissimo, vi mando tre floridi<br />

capponi dal mio domestico pollaio ecc. ecc. Devono essere tre".<br />

- Il notaio si sarà sbagliato, - fece la serva – i capponi sono due, venite voi stesso a vedere.<br />

file:///C|/WINDOWS/Desktop/STORIE HTML colorato 418.htm (81 di 114) [03/09/2002 19.26.02]

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