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Ricerca Corso Tecnico dell'Ambiente - Scuola Edile Taranto

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I primi impianti di generazione elettrica italiani (sul finire del XIX secolo) furono centrali<br />

termoelettriche a carbone situate all'interno delle grandi città. La prima centrale in assoluto<br />

fu costruita appunto a Milano.<br />

In seguito, lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale permise lo sfruttamento del<br />

grande bacino idroelettrico costituito dalle Alpi, e grazie all'energia idroelettrica (unica<br />

fonte nazionale e a buon mercato) fu possibile un primo timido sviluppo industriale italiano.<br />

Le caratteristiche della risorsa idroelettrica diedero anche per un certo periodo l'illusione<br />

che l'Italia potesse essere indefinitamente autosufficiente dal punto di vista energetico<br />

(sovente anche con eccessi retorici sul "carbone bianco delle Alpi").<br />

Inoltre, nel 1904, veniva costruita a Larderello la prima centrale geotermoelettrica del<br />

mondo. Tale fonte continua a dare il suo contributo anche oggi, sebbene, a causa della<br />

limitatezza delle aree interessate, tale contributo non abbia mai superato l'8% della<br />

richiesta nazionale.<br />

Dopo la Seconda guerra mondiale apparve chiaro che la risorsa idroelettrica non poteva<br />

più tenere il passo con le richieste dell'industrializzazione e quindi l'Italia dovette sempre<br />

più affidarsi a nuove centrali termoelettriche.<br />

Il potenziale idroelettrico fu quasi completamente sfruttato negli anni cinquanta finché,<br />

anche a causa di enormi disastri ambientali (come la strage del Vajont), non fu del tutto<br />

abbandonata la costruzione di nuove centrali di questo tipo.<br />

LA NAZIONALIZZAZIONE E LA CRISI PETROLIFERA<br />

Fin dall'inizio della sua storia, la produzione dell'energia elettrica in Italia era sempre stata<br />

affidata all'impresa privata (ove si escludano alcuni tentativi parziali di controllo statale nel<br />

periodo fascista); il 27 novembre 1962 la Camera approvava il disegno di legge sulla<br />

nazionalizzazione del sistema elettrico e l'istituzione dell'ENEL (Ente Nazionale per<br />

l'Energia Elettrica), cui venivano demandate "tutte le attività di produzione, importazione<br />

ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e vendita dell'energia elettrica da<br />

qualsiasi fonte prodotta". In base a ciò anche produttori "storici" (come "SIP" - Società<br />

Idroelettrica Piemonte, "Edison", "SADE", SME) dovevano vendere le loro attività al nuovo<br />

soggetto; venivano esclusi dal provvedimento solo gli autoproduttori e le aziende<br />

municipalizzate cui rimasero comunque quote marginali del mercato. In definitiva, l'ENEL<br />

si trovò ad assorbire le attività di oltre 1000 aziende elettriche.<br />

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