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l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
sindaco di Roma, Rutelli, caccia via un<br />
suo stretto collaboratore, “colpevole”, essendo<br />
avvocato, d’aver assunto la difesa<br />
di Craxi.<br />
Eppure, grazie alla botta Pecchioli, all’inizio<br />
sembra che finalmente l’Italia imbarbarita,<br />
impazzita e a testa all’ingiù sia<br />
pronta a rimettersi nella posizione del<br />
giusto e della ragione.<br />
La Dc chiede, infatti, visti i trascorsi da<br />
gladiatore rosso, le dimissioni di Pecchioli<br />
come sarebbe normale in un paese<br />
dove l’idea di nazione ed il senso della<br />
patria non galleggiassero al di sotto del<br />
bagnasciuga della modica quantità.<br />
Anche il Psi chiede le dimissioni.<br />
Io prendo il primo volo disponibile. Arrivo<br />
a Roma, per godermi gli effetti e scrivere<br />
qualcosa sull’“Avanti!”.<br />
Ovviamente, ai colleghi di via Tomacelli<br />
non dico nulla.<br />
Solo Luca Josi e Bettino Craxi sono informati<br />
del mio piccolo capolavoro.<br />
Scalfaro e Pecchioli, in due<br />
sull’altalena<br />
All’improvviso, senza alcuna ragione<br />
apparente, il vice presidente dei senatori<br />
Dc Franco Mazzola, lo stesso che<br />
aveva suonato la carica sdegnata contro<br />
Pecchioli, se ne esce con una proposizione<br />
kafkiana: «Non mi sento di<br />
condividere una richiesta indiscriminata<br />
di dimissioni».<br />
Anche il Psi molla la presa e alle mie proteste,<br />
Boselli, davanti all’assemblea dei<br />
giornalisti dell’“Avanti!”, ribadisce la strategia<br />
della ritirata.<br />
Trascorrono poche ore e Antonio Maccanico,<br />
sottosegretario alla Presidenza<br />
del Consiglio – il premier è Ciampi – dichiara:<br />
«Alla Procura di Roma c’è un’istruttoria<br />
aperta contro ignoti [sic!] sulla<br />
presunta esistenza di una struttura clan-<br />
105<br />
destina del Pci e di corsi di addestramento<br />
e aiuti da parte dell’ex Unione Sovietica<br />
a movimenti [sic!] italiani. Dunque<br />
il governo non può che osservare il più<br />
scrupoloso silenzio....».<br />
Si trattò in realtà di un minuto di silenzio<br />
in memoria di tre defunti, l’amor patrio, la<br />
verità e la dignità, visto che il Governo<br />
non ritenne opportuno pronunciare mezza<br />
parola su un possibile alto tradimento<br />
e una comprovata connivenza con l’avversario<br />
che ci puntava addosso gli SS20<br />
a testata nucleare.<br />
Pecchioli resta al suo posto.<br />
Ciampi farà una luminosa carriera.<br />
Che diavolo era accaduto?<br />
Oscar Luigi Scalfaro, in piena apnea da<br />
fondi neri del Sisde e non solo, il 3 novembre<br />
1993, a reti unificate regala alla<br />
Nazione il suo: “Non ci sto!”. Può dirlo,<br />
perché sa di essere ormai salvo.<br />
Ebbene, la poltrona di Pecchioli salvata<br />
dalla Dc è speculare al salvataggio di<br />
Scalfaro.<br />
Il 4 novembre 1993, infatti, accade un evento<br />
memorabile: ai dirigenti del Sisde, i quali<br />
stanno parlando troppo di fondi neri e di altri<br />
impicci, la Procura di Roma contesta l’articolo<br />
289 c.p. cioè l’attentato agli organi costituzionali,<br />
una roba da dieci anni minimo di<br />
galera.<br />
Francesco Misiani, l’ex magistrato che<br />
visse dall’interno la singolare iniziativa,<br />
ha raccontato: «Contestare il 289 agli indagati<br />
significava porli in una condizione<br />
senza via di uscita. Ogni ulteriore chiamata<br />
in correità nei confronti di uomini<br />
politici in carica o, comunque, con responsabilità<br />
istituzionali li avrebbe precipitati<br />
nella condizione di indagati per un<br />
reato gravissimo da cui sarebbero usciti