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l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
Le ragioni di un programma<br />
riformista<br />
di Maurizio Sacconi<br />
L’Italia ha bisogno dei riformisti per almeno<br />
tre ragioni che si collegano al fatto<br />
che essi si sono formati soprattutto<br />
nei processi politici connessi alla continua<br />
evoluzione dei sistemi di protezione<br />
sociale, combattendo le resistenze della<br />
sinistra conservatrice e la miopia di coloro<br />
che trascurano le esigenze di coesione<br />
sociale.<br />
E invero in Italia oggi:<br />
1) è necessario promuovere una faticosa<br />
transizione verso l’economia della<br />
conoscenza attraverso l’investimento<br />
nel capitale sociale;<br />
2) è necessario invertire il processo di<br />
annichilimento della società italiana, stimolato<br />
da una sinistra decadente, attraverso<br />
la visione di una società attiva<br />
fondata sul binomio opportunità-responsabilità;<br />
3) è necessario sconfiggere la resistenza<br />
del sindacato conservatore attraverso<br />
l’offerta alle associazioni della rappresentanza<br />
disponibili alle riforme di un<br />
interlocutore determinato ad innovare<br />
ed insieme capace di dialogo sociale,<br />
secondo lo schema che ha condotto all’accordo<br />
di S. Valentino e al Patto per<br />
l’Italia.<br />
I riformisti praticano il metodo delle rifor-<br />
30<br />
me graduali e coerenti, ancorate a un sistema<br />
di valori immutabili, con lo scopo<br />
di renderli sempre effettivi nella realtà<br />
che cambia, favorendo lo sviluppo delle<br />
potenzialità di ciascuna persona.<br />
La nuova questione sociale consiste infatti<br />
nel garantire a tutti gli strumenti dell’autosufficienza<br />
rimuovendo gli ostacoli<br />
del vecchio modello sociale, paradossalmente<br />
difeso oggi da chi lo contestò<br />
negli anni della sua edificazione.<br />
Il vecchio modello è superato perché è<br />
stato costruito sulla necessità di risarcire<br />
le negatività dello sviluppo industriale.<br />
Il nuovo modello si deve rivolgere invece<br />
a sostenere le positività dell’economia<br />
della conoscenza. Dal concetto<br />
negativo di bisogno si passa così a<br />
quello positivo di autonomia della persona<br />
così come dal concetto di disoccupazione,<br />
nelle politiche del lavoro, si passa<br />
a quello di occupabilità.<br />
Si tratta di un ritorno alla centralità della<br />
persona e di una riscoperta del diritto<br />
naturale rispetto all’ideologismo che antepone<br />
il concetto di classe e che, ancor<br />
meno prosaicamente, spesso difende<br />
l’autoreferenzialità inefficiente dell’offerta<br />
rispetto alla domanda di buoni servizi<br />
di cura, di assistenza, di sanità, di educazione,<br />
di orientamento, di collocamento,<br />
di sicurezza sociale. <strong>In</strong> <strong>questo</strong><br />
senso – ovvero nella direzione della so-