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sposta. Se non esaminando, in controluce,<br />
il lato oscuro dell’esperienza storica<br />
del comunismo italiano. Il credere cioè<br />
che, al di là delle parole, dei programmi,<br />
delle enunciazioni ciò che conta effettivamente<br />
sono i rapporti di forza, il peso determinate<br />
dell’organizzazione, la capacità<br />
di mobilitazione. Anche a prescindere<br />
dalle parole d’ordine che possono essere<br />
cambiate con disinvoltura per piegarle al<br />
realismo della lotta politica immediata.<br />
Se questa è la vera essenza della politica,<br />
allora si può delegare ad altri il compito<br />
di scrivere manifesti.<br />
Per quello che valgono le enunciazioni<br />
programmatiche: sono parole al vento.<br />
La partita vera si gioca su un terreno diverso.<br />
Quanto pesa la Margherita, con le<br />
sue divisioni interne? Quanto vale Prodi,<br />
Marini o Parisi. Per non parlare di Rutelli<br />
già messo al margine nello scontro interno<br />
a quel partito. E quanto peseranno i<br />
Ds, sebbene decimati dalle scissioni e<br />
dagli abbandoni? Certamente di più. E<br />
sarà questa la forza che darà le stimmate<br />
al nuovo movimento. Ragionamento<br />
realistico addirittura brutale che ha dalla<br />
sua almeno parte dell’esperienza storica<br />
del passato: a partire dalla vicenda del<br />
“Fronte popolare” dell’immediato dopoguerra.<br />
Anche allora, con i socialisti di<br />
Nenni, non si andò troppo per il sottile<br />
nelle dispute programmatiche. Il confronto<br />
vero era dato dai rapporti di forza. Dal<br />
peso della struttura organizzativa e di<br />
massa. Dai contatti internazionali con le<br />
grandi centrali della sovversione, dalle<br />
quali ottenere le risorse necessarie – non<br />
solo di carattere finanziario – per tessere<br />
la propria tela. Funzionerà così, anche<br />
questa volta?<br />
Il dubbio è legittimo. Da allora il mondo è<br />
profondamente cambiato. Quei riferimenti<br />
internazionali non esistono più. La poli-<br />
l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
24<br />
tica si è liberata del suo costoso armamentario<br />
organizzativo. Le idee e la comunicazione<br />
ne sono divenuti il lievito<br />
principale. Ed un nuovo movimento politico<br />
non può nascere senza quelle basi<br />
programmatiche che ne sono il presupposto<br />
indispensabile. Il gruppo dirigente<br />
diessino non ha avvertito quest’esigenza,<br />
delegandola ad altri.<br />
Non l’ha avvertita a causa di una formazione<br />
culturale che è, ancora, tutta interna<br />
ai paradigmi del comunismo italiano.<br />
D’Alema, Fassino e Violante sono i figli<br />
non ravveduti di quell’esperienza. Era<br />
quindi inevitabile che si muovessero nel<br />
solco di quella tradizione, riproducendola<br />
nella nuova confezione offerta loro dal<br />
partito democratico. Un modo come un<br />
altro per garantire il salvataggio collettivo<br />
di un gruppo dirigente che da oltre<br />
trent’anni cavalca le scene della politica<br />
italiana.<br />
Ma sono le idee che muovono il mondo,<br />
quando camminano con le gambe degli<br />
uomini. Se vengono meno, non c’è architettura<br />
organizzativa in grado di svolgere<br />
ruoli di supplenza. È già avvenuto<br />
negli altri paesi europei. È accaduto in<br />
Francia, in Spagna, in Grecia e in Portogallo,<br />
dove l’esperienza storica del comunismo<br />
è rimasta un piccolo residuo<br />
del passato. Per rivivere, nella parte migliore,<br />
nell’esperienza di un socialismo<br />
rinnovato. Capace di dare risposta, nei<br />
termini nuovi richiesti dal mutare dei<br />
tempi e delle situazioni, all’antico dilemma<br />
del merito e del bisogno. Quella forza<br />
– laica, riformista e liberale – che oggi<br />
manca in Italia. E che il partito democratico<br />
vorrebbe sostituire. Cosa non facile,<br />
se l’esperimento è condotto dopo<br />
aver disperso una grande patrimonio di<br />
esperienze, solo per salvare un vecchio<br />
gruppo dirigente.