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In questo numero - L'IRCOCERVO

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na, ma di quella politica. Con una caratteristica<br />

ed una coerenza, tuttavia, che non<br />

ritroviamo nel caso di Giovanni Bazoli.<br />

Obiettivo del presidente dell’ENI era la difesa<br />

dell’azienda, nel quadro di quell’economia<br />

mista, costituita dalla contemporanea<br />

presenza di aziende pubbliche e private,<br />

che segnò le caratteristiche di un’intera<br />

fase storica. Il suo rapporto con la politica<br />

fu solo strumentale alla realizzazione<br />

di quel disegno. <strong>In</strong>differente alle questioni<br />

ideologhe, Mattei ebbe rapporti con tutti i<br />

partiti politici italiani: dall’estrema sinistra<br />

all’estrema destra. Sostenne coloro che, di<br />

volta in volta, poteva dare maggiore robustezza<br />

al suo disegno strategico. Un atteggiamento<br />

che, oggi, si definirebbe bipartisan.<br />

Finalizzato all’obiettivo di mantenere<br />

integra e sviluppare un’attività industriale<br />

che, ancora oggi, costituisce un grande<br />

patrimonio collettivo.<br />

Ricorrono ancora quelle condizioni? È difficile<br />

sostenerlo. L’economia mista è tramontata<br />

per far posto a delle regole di<br />

mercato che hanno sempre più un contenuto<br />

universalistico. La specializzazione<br />

degli operatori economici è cresciuta di<br />

conseguenza. I modelli di riferimento possono<br />

essere diversi. Ma non la confusione<br />

delle regole. Il “modello renano” presuppone<br />

e vive in un’economia di mercato. Le<br />

banche partecipano all’attività industriale<br />

supportandone lo sviluppo. Ma non si sognano<br />

di invadere campi che non le competono.<br />

A guidarle, soprattutto, è la logica<br />

del rischio d’impresa e dell’efficienza. Non<br />

gli sponsor politici, cui far riferimento. Questa<br />

è la regola di base per chiunque voglia<br />

discutere di quel modello. Regola che vale<br />

per chi è impegnato nella politica. Ma soprattutto<br />

per un “banchiere senza mandato”,<br />

che deve naturalmente avere le sue<br />

idee politiche. Impedendo, tuttavia, a que-<br />

l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />

66<br />

st’ultime di prendere il sopravvento nell’esercizio<br />

della sua specifica funzione.<br />

Detto <strong>questo</strong>, resta naturalmente aperto il<br />

problema di un possibile confronto. Con<br />

Giovanni Bazoli vogliamo discutere non di<br />

come gestisce la sua banca. Ma di come<br />

modernizzare il Paese per reggere alle<br />

grandi sfide del momento. Siamo stati<br />

sempre a favore di un’economia sociale di<br />

mercato. Esiste pertanto un comune sentire<br />

su cui misurare, nel concreto, le politiche<br />

economiche da perseguire per realizzare<br />

un comune obiettivo. Ma è su <strong>questo</strong><br />

terreno che si manifestano, forse, le divergenze<br />

più significative. Non parliamo di<br />

teoria, ma di fatti concreti sulla base dei<br />

quali verificare le coerenze dei singoli<br />

comportamenti, in relazione ad un comune,<br />

seppure ipotetico, obiettivo.<br />

E cominciamo dal sindacato. La cui centralità<br />

nel “modello renano” è uno dei tratti<br />

significativi di quell’esperienza. Un sindacato<br />

non solo conflittuale, ma responsabile<br />

delle sorti più complessive del sistema<br />

economico. Pronto a fare la sua parte ogni<br />

qual volta sono in gioco interessi di natura<br />

superiore. Non è certo compito dei banchieri<br />

intervenire nella dinamica delle relazioni<br />

industriali. Tuttavia, in Germania, la<br />

cogestione ha prodotto istituti specifici,<br />

quali i comitati di sorveglianza, che mirano<br />

a preservare il clima di quelle relazioni. Il<br />

controllo strategico delle imprese spetta,<br />

appunto, alle forze sociali per finalizzare<br />

un impegno comune ed evitare che alla<br />

moderazione sindacale, possa corrispondere<br />

un ingiustificato aumento dei profitti,<br />

ad esclusivo vantaggio di una sola categoria<br />

sociale.<br />

<strong>In</strong> Italia, invece, quello stesso modello, caratterizzato<br />

dalla divisione dei compiti tra<br />

consiglio di amministrazione e comitato di<br />

sorveglianza, è stato, utilizzato, anche in<br />

San Paolo <strong>In</strong>tesa, per far quadrare i conti

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