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In questo numero - L'IRCOCERVO

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l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />

L’anticraxismo assunse aspetti viscerali<br />

poiché il nuovo Psi metteva in discussione,<br />

coi princìpi ormai indifendibili del “socialismo<br />

reale”, poteri concreti ed estesi:<br />

quelli delle nomenklature comuniste, diffuse<br />

in modo reticolare nel Paese. <strong>In</strong> più,<br />

con la battaglia seguita dal referendum<br />

sulla contingenza, il craxismo inflisse<br />

una sconfitta storica al massimalismo<br />

sindacale della Cgil e ciò non gli procurò<br />

certo simpatie nella più forte fra le organizzazioni<br />

di massa in Italia. La campagna<br />

contro i socialisti e contro Craxi, infine,<br />

e soprattutto la predicazione sulla<br />

“diversità” etica dei comunisti risultò efficace<br />

poiché in certo senso risarcì, avvalendosi<br />

dell’appoggio di tanta parte della<br />

cultura e dell’apparato mediatico, molte<br />

delle frustrazioni e delusioni del mondo<br />

comunista. La “diversità”, insomma, la<br />

superiorità etica, intellettuale e antropologica<br />

fungeva da gratificazione per le<br />

delusioni patite dal popolo comunista.<br />

E le delusioni certo non mancavano: sul<br />

piano interno, per la fine ingloriosa del<br />

“compromesso storico”, un disegno dal<br />

respiro grandioso dissoltosi nel giro di<br />

pochi anni, e sul piano internazionale dinanzi<br />

ai segni sempre più visibili di disfacimento<br />

che venivano dall’impero sovietico.<br />

L’influenza del mondo comunista,<br />

negli ultimi tempi, negli anni del consociativismo,<br />

della partecipazione del partito<br />

e delle sue ramificazioni al potere reale,<br />

esteso sul territorio, si era ampliato a<br />

strati diversi dalla mitica classe operaia,<br />

avevano trovato, nei settori della cultura,<br />

del pubblico impiego, della scuola, dell’Università,<br />

nel mondo mediatico, campi<br />

nei quali trovare consolazioni non prive<br />

di concretezza.<br />

<strong>In</strong> fondo Scalfari, acquisendo i valori della<br />

“diversità” proclamati da Berlinguer,<br />

99<br />

fece un’operazione spregiudicata ma<br />

proficua, convincendo e in certo senso<br />

legando al suo impero editoriale una opinione<br />

pubblica vastissima, e convincendola<br />

che sì, sul piano politico avrà pure<br />

sbagliato tutto, ma che nonostante gli errori<br />

e le abbacinazioni costituiva la parte<br />

migliore del Paese, la predestinata fra<br />

l’altro a portarlo a salvamento.<br />

L’antisocialismo che individuò in Craxi il<br />

nemico, il mostro, trovava a sua volta<br />

nella storia comunista, con le vicende di<br />

Trotzkj, di Tito, degli occasionali ingombri<br />

italiani (si pensi ai Cucchi e Magnani<br />

dei tardi anni ’40, ma soprattutto alla<br />

ostilità nei confronti dei Saragat, dei Silone)<br />

una fonte di pregiudizio mai estinto.<br />

E non sorprende neppure la relativa<br />

facilità, una volta scomparsa nella rovina<br />

l’Urss, e lo stesso Craxi, di trasferire il<br />

carico di ostilità, la fobia ossessiva coltivata<br />

nei confronti del leader socialista<br />

sulle spalle del nuovo nemico Silvio Berlusconi.<br />

L’una e l’altra fobia hanno funzionato per<br />

tutti questi anni da motivo unificante di<br />

quelle alleanze nelle quali prendeva via<br />

via corpo l’unità fra campagne e luoghi<br />

comuni “di destra” e atteggiamenti e stati<br />

d’animo “di sinistra”. E siamo sempre<br />

all’intuizione di Baudrillard.

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