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vamente il problema della scarsità relativa.<br />
Il rovello su cui i grandi pensatori dei<br />
secoli passati – a partire da Carlo Marx –<br />
hanno consumato notti insonni e sprecato<br />
fiumi d’inchiostro.<br />
De Amicis, nel libro “Cuore”, aveva dato<br />
una rappresentazione più realistica del<br />
mondo a lui contemporaneo. Che non è<br />
cambiato molto – e semmai in peggio –<br />
nei suoi fondamentali. <strong>In</strong> quel libro c’erano<br />
i buoni sentimenti, la solidarietà, l’amicizia<br />
e quant’altro; ma anche la descrizione<br />
di una vita che non è mai “un pranzo<br />
di gala”. Che richiede impegno e sacrificio<br />
personale nonché una politica<br />
maschia, capace di dare un indirizzo. Armando<br />
il popolo perché reagisca di fronte<br />
alle difficoltà del presente. Che non sono<br />
diminuite. Ma che richiedono lucidità,<br />
determinazione nelle scelte, una guida<br />
sicura ed esperta, nonché un indirizzo<br />
pedagogico adeguato.<br />
Non viviamo in un Eden ritrovato. Nel<br />
mondo di oggi chi sbaglia, paga. E paga<br />
duramente. La Fiat che non indovina il<br />
modello di un’autovettura, la Telecom<br />
che non riesce ad abbassare il proprio indebitamento,<br />
l’Alitalia che non riduce un<br />
organico eccessivo, non hanno a disposizione<br />
una mossa di riserva. Lo Stato<br />
non è più in grado di essere il grande ammortizzatore<br />
sociale del passato. Non ha<br />
più le risorse necessarie. Le nuove regole<br />
comunitarie gli impediscono di essere<br />
il finanziatore in ultima istanza. La concorrenza<br />
internazionale ne martella i<br />
fianchi. Soprattutto sono gli altri che non<br />
ci stanno. Quei “dannati della Terra”, per<br />
riprendere il bel libro di Franz Fanon,<br />
che, grazie alla globalizzazione, hanno<br />
intravisto una possibilità di riscatto. E per<br />
<strong>questo</strong> si battono con una determinazione<br />
fino a ieri sconosciuta.<br />
Perché i neofiti del partito democratico<br />
l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
22<br />
non rileggono le cose dette da Enrico<br />
Berlinguer? Alla fine degli anni ’70, intuì<br />
un dato che i successivi avvenimenti storici<br />
avrebbero più che confermato. I rapporti<br />
di forza a livello internazionale stavano<br />
cambiando. Cresceva il peso dei<br />
paesi produttori di materie prime – specie<br />
di petrolio – che, con il loro comportamento,<br />
rompevano un tradizionale vincolo<br />
di dipendenza. Facendo venir meno<br />
quella rendita di posizione, su cui le<br />
grandi metropoli occidentali avevano costruito,<br />
negli anni del dopoguerra, le basi<br />
del loro benessere materiale. Occorreva<br />
pertanto che, a questa presa di posizione,<br />
corrispondesse un mutamento profondo<br />
nel modo di produrre e di consumare<br />
degli stessi paesi economicamente<br />
più avanzati.<br />
Com’è noto, il suggerimento fu quello<br />
dell’austerità. Risposta sbagliata a un<br />
problema reale. Sbagliata perché costruita,<br />
come si direbbe oggi, sul lato<br />
della domanda più che su quello dell’offerta.<br />
Vale a dire prospettando un contenimento<br />
del livello dei consumi, all’insegna<br />
di un pauperismo, che risentiva del<br />
condizionamento ideologico di una tradizione<br />
culturale. Quando invece l’accento<br />
doveva essere posto, fin da allora,<br />
sulla necessità di un impegno maggiore<br />
per lo sviluppo, possibile solo eliminando<br />
quei vincoli al mercato che ne<br />
impedivano o limitavano la potenza. Posizione<br />
difficilmente sostenibile per chi,<br />
allora, aveva nella testa il teorema di<br />
uno scambio politico: la moderazione<br />
sociale, gestita attraverso il sindacato,<br />
contro una partecipazione piena del Pci<br />
nel governo nazionale. Il “compromesso<br />
storico” appunto.<br />
Risposta debole, nei suoi elementi propositivi.<br />
Tant’è che non funzionò né quel<br />
“compromesso”, durato lo spazio di un