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l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
appena nata che sembra delinearsi. All’accusa<br />
di ordire manovre di destabilizzazione<br />
il Pci ha reagito, per quasi tutti gli<br />
anni della Repubblica, attribuendo la fabbricazione<br />
di colpi di mano, di piani di<br />
eversione ecc. allo Stato o a settori come<br />
l’intelligence, le forze dell’ordine, gli apparati<br />
militari oppure all’eversione di<br />
estrema destra, quando non, euforicamente,<br />
alle forze oscure della reazione (il<br />
noto FOIA).<br />
La massima concessione fatta è stata<br />
quella di attribuire al Pci la formazione di<br />
una struttura di vigilanza e di protezione<br />
dei propri dirigenti per sfuggire ad un colpo<br />
di Stato.<br />
La stessa storiografia comunista ha ignorato<br />
il problema o l’ha banalizzato come<br />
uno strascico ininfluente della guerra di<br />
liberazione oppure si è attestata sulla distinzione<br />
tra apparato para-militare e apparato<br />
di autodifesa.<br />
È la conferma del fatto che un complotto<br />
tira l’altro. Vero o immaginario che sia.<br />
La documentazione fornita da confidenti<br />
e spie viene verificata dagli uffici provinciali<br />
delle questure, che trasmettono l’esito<br />
alla Direzione generale della Pubblica<br />
sicurezza presso il Ministero dell’<strong>In</strong>terno.<br />
A seconda della rilevanza il capo della<br />
polizia lo trasmette al ministro dell’<strong>In</strong>terno,<br />
o lo informa per le vie brevi, cioè a<br />
voce.<br />
Poiché il lavoro della polizia si limita ad<br />
accertare l’identità, il recapito, la appartenenza<br />
politica, lo stato di famiglia, i costumi<br />
ecc., e in generale esprime un giudizio<br />
finale sulla pericolosità delle persone<br />
per l’ordine pubblico e la sicurezza<br />
democratica, facendole iscrivere, per<br />
sorveglianza, nello schedario del Casellario<br />
politico, non sapremo mai se quell’elenco<br />
di persone è da considerare un<br />
apparato militare.<br />
115<br />
Per poter parlare di Gladio “rossa” e addirittura<br />
di Gladio rossa del Pci non basta<br />
l’intenso piacere atteso dal committente<br />
politico.<br />
È invece indispensabile che da una segnalazione<br />
di polizia (certamente importante,<br />
soprattutto se ripetuta e verificata:<br />
a volte lo è stato, a volte no) si passi ad<br />
una prova più sicura, anche se non assoluta.<br />
<strong>In</strong> altre parole, mi pare ragionevole che<br />
si siano resi di pubblico dominio (nella<br />
speranza che anche il Pci si decida a<br />
mettere a disposizione i propri archivi, a<br />
cominciare da quelli della Commissione<br />
centrale di controllo) i documenti principali<br />
di questa organizzazione clandestina<br />
e armata quale emerge da alcuni archivi.<br />
Ma altrettanto ragionevole mi pare<br />
non assumerla come inconfutabilmente<br />
vera, senza altre ulteriori e più stringenti<br />
verifiche.<br />
Non per caso sia Gianni Donno sia io<br />
stesso abbiamo insisitito, e insistiamo, a<br />
chiedere la consultazione degli archivi sia<br />
della Nato sia dell’Arma dei Carabinieri.<br />
Per questi ultimi non vale, come per quelli<br />
di altre istituzioni dello Stato, l’obbligo di<br />
versare le proprie carte, dopo un certo<br />
periodo di tempo, agli archivi di Stato.<br />
Dunque, restano scandalosamente chiusi<br />
e inaccessibili, grazie all’inerzia, se<br />
non alla complicità, dei ministri dell’<strong>In</strong>terno<br />
e della Difesa nel consentire <strong>questo</strong><br />
ingiustificabile privilegio.<br />
Dobbiamo rassegnarci all’esistenza di archivi-caste<br />
in seno alle forze amate?<br />
Mi chiedo dove siano, almeno fino ad oggi,<br />
gli specifici elementi di prova (penso<br />
alle esercitazioni ovunque sia possibile<br />
appostarsi e sparare), i riscontri indiscutibili<br />
del funzionamento, cioè dell’operatività,<br />
del braccio armato messo su dai comunisti<br />
italiani.