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In questo numero - L'IRCOCERVO

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sta logica, la società “Tubi Ghisa” fu ceduta<br />

a Pont-à-Mousson. L’Italgel alla Nestlè.<br />

La SIV alla Pilkington. La nuova Pignone<br />

alla General Electric. E così via.<br />

Guardiamo, invece, all’oggi. Su tavolo c’è<br />

Telecom, Alitalia, Generali. Solo qualche<br />

mese fa: ETI, ETINERA, BNL ed Antonveneta.<br />

Resta inoltre aperta la vicenda Capitalia,<br />

dove spagnoli ed olandesi si contendono<br />

ancora la partita. Come non vedere<br />

dietro questi episodi il delinearsi di uno<br />

scenario profondamente diverso. Che cosa<br />

ha fatto cambiare idea a tanti investitori<br />

internazionali: ieri distratti, oggi convinti di<br />

fare un buon affare anche dove hanno fallito,<br />

a partire da Cimoli, i manager italiani?<br />

Qualcosa di profondo sta quindi cambiando<br />

non solo in Italia, me negli equilibri internazionali.<br />

Ed è un cambiamento che va<br />

tutto a danno del nostro sistema produttivo.<br />

Naturalmente non tutto è negativo.<br />

ENEL ed Unicredit si espandano all’estero.<br />

Ma solo gli unici settori in cui l’Italia tenta di<br />

conservare posizioni acquisite da tempo.<br />

Non si dimentichi, infatti, che dallo smobilizzo<br />

delle quote di ENEL e di ENI, il Tesoro<br />

italiano ha ricevuto il 65 per cento dell’introito<br />

complessivo derivante dalle privatizzazioni.<br />

Erano due campioni nazionali e<br />

tali sono rimasti. Una savana, con due<br />

grandi alberi secolari ed una vegetazione<br />

arbustiva fatta da una miriade di piccole e<br />

medie aziende. Multinazionali tascabili?<br />

Forse. Ma fino a quando e come potranno<br />

supplire alla mancanza di global player in<br />

grado di fronteggiare i grandi concorrenti<br />

esteri?<br />

Il cambiamento a cui accennavamo sta soprattutto<br />

negli equilibri finanziari internazionali.<br />

Il grado di liquidità è ancora molto elevato,<br />

al punto che l’offerta di moneta supera<br />

di gran lunga la domanda, rappresentata<br />

degli investimenti. L’eccesso di liquidità<br />

dà adito a complesse architetture finanzia-<br />

l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />

62<br />

rie, in grado di sfruttare le zone grigie del<br />

mercato. Aziende patrimonialmente forti,<br />

ma deboli sul piano produttivo, possono<br />

essere facilmente comprate, smembrate e<br />

poi rivendute sul mercato, alimentando notevoli<br />

plusvalenze. Altre possono essere<br />

scalate e poi ristrutturate, con una nuova<br />

squadra di manager in grado di operare<br />

dove altri avevano fallito. È il caso della<br />

FIAT, dopo l’acquisto di una manager come<br />

Cesare Marchionne. Vicenda tutta domestica,<br />

nella sua variante italiana. Realizzata<br />

grazie alla presenza di un sistema<br />

bancario che, in quell’occasione, ha saputo<br />

rischiare portando a casa un risultato.<br />

Ma nel complesso l’Italia è fuori da <strong>questo</strong><br />

circuito: più vittima che protagonista.<br />

I nuovi artefici dello sviluppo finanziario sono<br />

soprattutto gli hedge fund ed i private<br />

equity. Si tratta di figure relativamente nuove<br />

nel panorama finanziario internazionale.<br />

Il loro teatro operativo non ha confini.<br />

Spaziano dagli USA alla Cina, dall’Europa<br />

al Medio Oriente e l’America Latina. Hanno<br />

pochi anni alle loro spalle. I private<br />

equity sono nati negli anni ’80. Da allora<br />

hanno accumulato un patrimonio valutabile<br />

intorno ai 1.300 miliardi di dollari. Il loro<br />

effetto leva, circa 40 volte gli asset di proprietà,<br />

è tale da poter garantire loro, qualora<br />

lo volessero, il controllo di tutte le aziende<br />

quotate nelle borse mondiali. Analogo è<br />

il volume di fuoco degli hedge fund. Nel<br />

1990 erano solo 690, con un capitale di<br />

690 miliardi. Oggi sono 6.900 ed il loro capitale<br />

supera i 1.350 miliardi di dollari. Concentrano<br />

quindi nelle loro mani un potere<br />

tale dominare qualsiasi mercato regionale.<br />

C’è solo un modo per evitare di farsi catturare.<br />

Essere competitivi. Evitare cioè che<br />

le plusvalenze possano derivare dalla<br />

semplice riconversione produttiva della<br />

propria attività. I Fondi, infatti, hanno una<br />

visione principalmente speculativa ed un

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