In questo numero - L'IRCOCERVO

l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à
termini di “blocchi sociali” (che, come
tali, non esistono più), o comunque ci
si “siede” sul vecchio schema della
“triangolazione” con sindacato e grande
impresa. Dimenticando che oggi
gran parte dei lavoratori non sono rappresentati
dal sindacato, così come
gran parte degli imprenditori sono – di
fatto – senza voce.
Esemplifico: chi si occupa dei sei milioni
di piccole e piccolissime imprese,
che non vanno nei tg, ma rappresentano
il cuore pulsante del paese?
Gian Maria Fara, il Presidente dell’Eurispes
parlò, nel 1999, di Gulliver, del
gigante imbrigliato. Ora siamo alle prese
con sei milioni di “piccoli Gulliver
imbrigliati”, o, se preferite, con un “imbrigliamento”
generale, sia di Gulliver
che dei lillipuziani…
Il centrodestra ha avuto un’opportunità
straordinaria nella scorsa legislatura
(con cento deputati di maggioranza alla
Camera, e cinquanta al Senato), e –
a mio avviso – non l’ha sfruttata appieno.
Mentre da sinistra, a questa parte
del paese, “arriva” nei giorni pari il ripristino
della tassa di successione, nei
giorni dispari l’abolizione del secondo
modulo della riforma fiscale, e la domenica
magari le norme sulla privacy
(quelle per cui un imprenditore, anziché
preoccuparsi – che so – del suo
scoperto in banca di ventimila euro,
deve perdere tempo per comunicare
chi sia il “custode delle password” – è
incredibile, ma questo è ciò che accade!):
in queste condizioni, quello che si
crea è un sentimento di paura e di diffidenza
profonda, mista a sconcerto e
distanza, e in qualche caso anche a
disprezzo per lo Stato.
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Vorrei che non si dimenticasse che, in
tre mesi di campagna elettorale, l’Unione
ha gettato al vento circa 7-8
punti di vantaggio, e altri 8-9 punti sono
stati persi nel primo anno di Governo:
e l’incertezza sulle tasse (o, peggio,
la certezza della vessazione) ha
giocato un ruolo rilevantissimo. Ed è
anche a causa di questo, cioè del “tremendismo
fiscale”, che non solo non
attraiamo capitali, ma assisteremo
(questo è il fatto nuovo) anche alla delocalizzazione
da parte delle stesse
piccole imprese, non solo delle grandi.
Del resto, diciamocelo: avendo dei soldi
da investire, ciascuno di noi preferirebbe
la Polonia (con tasse al 19%),
l’Estonia (con tassa piatta al 24%), o
l’Italia (con tasse fino al 60%)?
Ci sarà spazio, nei prossimi mesi, per
una discussione di merito lungo questi
tre percorsi? Spetta ai modernizzatori,
agli innovatori, ai riformatori la fatica di
provare a conquistarlo.
* Daniele Capezzone
Presidente della Commissione attività
produttive della Camera dei Deputati