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l a r i v i s t a d e l l e l i b e r t à<br />
due computer collegati a stampanti), girare<br />
tra gli uffici e rovistare frequentemente<br />
tra le carte protocollate e archiviate<br />
veniva considerata qualcosa di diverso<br />
da una elementare virtù, cioè da un atto<br />
doveroso.<br />
Lo si percepiva come qualcosa di simile<br />
ad un’invasione di campo, una sorta di<br />
incursione turbativa del riposante tran<br />
tran degli uffici parlamentari capitolini.<br />
Accettabile se durava poco ed era occasionale.<br />
Ripeto: a infliggere questa pena al personale<br />
siamo stati in circa, forse meno, di<br />
una decina…<br />
Ci incontravamo frequentemente negli<br />
archivi o nella saletta di San Macuto attigua<br />
a quella del Presidente o nell’aula<br />
dove erano accatastati inventari e carte<br />
d’archivio, sotto la vigilanza di due marescialli<br />
dei carabinieri<br />
.<br />
Non c’è mai stata un’occasione in cui i<br />
consulenti, da soli o insieme ai componenti<br />
l’Ufficio di Presidenza o la stessa<br />
Commissione (cioè i parlamentari), si<br />
siano riuniti per fare il punto sullo stato<br />
delle reciproche ricerche, illustrare (e<br />
confrontare) i risultati, programmare attività<br />
“mirate” di consultazione ecc..<br />
Voglio dire che non è stato mai un imperativo<br />
o neanche un’esigenza quello di<br />
soddisfare il principio della divisione del<br />
lavoro, della perlustrazione multilaterale<br />
e quindi della critica delle fonti.<br />
Senza questa trafila, com’è noto, non si<br />
fa ricerca storica, ma solo una raccolta<br />
di carte utile esclusivamente a fini di<br />
scoop giornalistico o di sensazionalismo<br />
politico.<br />
Come si vede, ho indicato un iter e un<br />
terreno neutro. Pertanto, i criteri metodologici<br />
(la completezza delle informazioni,<br />
la loro verifica, la divisione dei compiti,<br />
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l’uso coordinato delle competenze ecc.)<br />
non potevano entrare in cortocircuito con<br />
le opzioni politiche dei partiti e dei consulenti<br />
più strettamente legati alle loro impostazioni,<br />
se non proprio ai pregiudizi figli<br />
di insuperabili ormai incrostazioni<br />
ideologiche.<br />
L’evidentia in narratione deve essere<br />
propria dello storico. Non può essere<br />
confusa né degradata limitandosi a prendere<br />
per oro colato quanto proviene dai<br />
confidenti della polizia o da altri informatori<br />
come quelli del controspionaggio e<br />
altre pretese “fonti attendibili”.<br />
Sia chiaro: non sto negando la loro importanza,<br />
ma segnalando una preoccupazione<br />
elementare come quella di vagliarle<br />
attentamente, cercando di risalire<br />
all’attendibilità dell’informatore e ad un<br />
controllo incrociato di altre fonti.<br />
Non va sottovalutata una circostanza che<br />
non è prevalentemente italiana, ma si<br />
presenta come decisiva. Nel giudicare il<br />
valore di un’informazione sia i Servizi,<br />
ma anche la polizia, spesso non distinguono<br />
tra chi è un soggetto occasionale<br />
e un agente vero, tra un millantatore e un<br />
informatore inconscio, al limite, un ubriacone.<br />
Anche l’uso del condizionale, nei loro<br />
rapporti o informative, rivela incertezza o<br />
scarsa professionalità.<br />
Il riverbero sulla cultura italiana è assai<br />
spiacevole, dal momento che l’opinione<br />
pubblica, ma anche la stampa e gran<br />
parte del ceto politico non è in grado di<br />
distinguere bene tra polizia e intelligence,<br />
e ansima assai incespicando tra legittimità<br />
e legalità. <strong>In</strong> altre parole, “….Da<br />
noi non esiste la cultura dell’intelligence”,<br />
come ha precisato Francesco Cossiga.<br />
Lo stesso Presidente onorario della repubblica<br />
ha dichiarato che l’Italia è stato l’unico<br />
Paese per il quale vigeva il divieto as