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11a2013_communitas 5.. - CHERSI/libri

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EDITORIALE<br />

mercato e dall’altro, ma in posizione asimmetrica e subalterna, la<br />

politica. Mancava all’appello, però, un terzo soggetto per nulla irrilevante:<br />

la società. La società è stata la grande esclusa di questi anni,<br />

espulsa dalla riflessione interna a questo campo come se fosse interamente<br />

sussunta e rappresentata in ciò che Joseph Stiglitz oggi può<br />

chiamare «fondamentalismo mercantile», ma che già negli anni 30<br />

Karl Polany aveva definito «market society». Dinanzi all’emergere di<br />

una crisi sempre più ampia, che coinvolge non solo la finanza, non<br />

solo l’economia, ma il modello stesso che le ha finora “orientate” e la<br />

lente che ne ha filtrato la lettura, emergono però due posizioni.<br />

Prima posizione. Dinanzi a questa crisi, non sembrano “eversivi”<br />

discorsi che affermano che non è certo equa una società globale –<br />

rimarchiamo che non è solo un problema italiano – dove il 10% della<br />

popolazione detiene il 48% della ricchezza. È una questione capitale,<br />

per comprendere anche come sia stato possibile muoversi all’interno<br />

di un campo di retoriche liberiste senza talvolta cogliere quel<br />

fenomeno di vantaggio competitivo che Merton chiamava «effetto<br />

San Matteo». Un effetto che premia chi ha di più in termini di risorse<br />

materiali e immateriali, e penalizza gli altri e mina fortemente un<br />

principio di eguaglianza modellato su un mercato inteso come tabula<br />

rasa. Dove retoricamente si afferma che tutti partono eguali e<br />

“nudi” e arrivano alla meta portandosi addosso ciò che, se sono stati<br />

bravi imprenditori di se stessi, sono riusciti a conquistare o a guadagnare.<br />

Noi sappiamo che non è così, e i dati lo dimostrano. La crisi<br />

che ha investito la retorica di un mercato come mondo degli eguali,<br />

l’enorme disparità tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più<br />

poveri, come afferma nel suo intervento Daniel Rigney, chiama tutti<br />

a una riflessione seria, pacata, ma sinceramente critica sul rapporto<br />

tra democrazia e capitale. È un tema aperto, da affrontare senza preclusioni<br />

e dogma, toccando punti particolarmente nevralgici, dalla<br />

crisi della politica al rapporto tra mercati e democrazia. A fronte di<br />

questo, si diramano alcune posizioni, più o meno condivisibili, più o<br />

meno radicali. Di fronte alla crisi del modello che ha ipotecato il<br />

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