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POVERTÀ DELLA POLITICA, POLITICA DELLA POVERTÀ<br />
All’origine dell’inquietante livello della povertà in Italia c’è, come si è<br />
visto, una sconfitta sociale. Un arretramento severo delle condizioni economiche<br />
e dello status sociale del lavoro e dei lavoratori. Ma c’è anche –<br />
e soprattutto – l’insufficienza e l’inefficacia delle politiche pubbliche di contrasto<br />
alla povertà. C’è, permettetemi il gioco di parole, la miseria della<br />
politica italiana nei confronti della povertà. La “povertà della politica”,<br />
potremmo dire, si misura pienamente nella povertà delle politiche pubbliche<br />
della povertà in Italia, e nel confronto con quelle degli altri Paesi.<br />
C’è un esercizio che consiglio spesso a chi voglia “misurare” – nel<br />
senso stretto del termine, con i numeri, precisi fino ai decimali – il valore<br />
della politica italiana (delle policies, per dirla con il termine tecnico<br />
politologico) nel campo del contrasto della povertà. Ce lo permette Eu-<br />
Silc – che è appunto il database europeo che fornisce le statistiche ufficiali<br />
valide per tutta l’Unione. Esso pubblica annualmente, per tutti i 27<br />
Paesi dell’Unione Europea, tra le tante che elabora, tre diverse misure<br />
della povertà:<br />
28<br />
• il tasso di povertà “prima di tutti i trasferimenti” (cioè il livello<br />
“nudo” della povertà: quanto sarebbero i poveri senza nessun intervento<br />
pubblico, senza neppure la spesa pensionistica);<br />
• il tasso di povertà “dopo la spesa pensionistica”, ma prima di tutti<br />
gli altri investimenti in politiche ad hoc;<br />
• il tasso di povertà finale, “dopo tutti i trasferimenti”, compresa la<br />
spesa per le politiche specifiche di contrasto alla povertà.<br />
Dalla quantità di punti percentuali in meno, sottratti al livello di partenza<br />
e ottenuti grazie ai successivi interventi pubblici, si potrà misurare<br />
la qualità delle diverse politiche pubbliche e la loro efficacia. Si parte<br />
più o meno tutti a un livello elevato, oscillante sul 40-45%, con qualche<br />
sforamento verso il basso (l’Olanda al 35%, la Danimarca al 37%) e<br />
qualcuno verso l’alto (la Romania al 48%, l’Ungheria al 52%). Ma la<br />
maggior parte dei principali Paesi sta lì: la media tanto dell’Europa a 15<br />
che di quella a 27 è del 42%, la Francia sta al 45%, la Germania al 44%.