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11a2013_communitas 5.. - CHERSI/libri

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POVERTÀ DELLA POLITICA, POLITICA DELLA POVERTÀ<br />

All’origine dell’inquietante livello della povertà in Italia c’è, come si è<br />

visto, una sconfitta sociale. Un arretramento severo delle condizioni economiche<br />

e dello status sociale del lavoro e dei lavoratori. Ma c’è anche –<br />

e soprattutto – l’insufficienza e l’inefficacia delle politiche pubbliche di contrasto<br />

alla povertà. C’è, permettetemi il gioco di parole, la miseria della<br />

politica italiana nei confronti della povertà. La “povertà della politica”,<br />

potremmo dire, si misura pienamente nella povertà delle politiche pubbliche<br />

della povertà in Italia, e nel confronto con quelle degli altri Paesi.<br />

C’è un esercizio che consiglio spesso a chi voglia “misurare” – nel<br />

senso stretto del termine, con i numeri, precisi fino ai decimali – il valore<br />

della politica italiana (delle policies, per dirla con il termine tecnico<br />

politologico) nel campo del contrasto della povertà. Ce lo permette Eu-<br />

Silc – che è appunto il database europeo che fornisce le statistiche ufficiali<br />

valide per tutta l’Unione. Esso pubblica annualmente, per tutti i 27<br />

Paesi dell’Unione Europea, tra le tante che elabora, tre diverse misure<br />

della povertà:<br />

28<br />

• il tasso di povertà “prima di tutti i trasferimenti” (cioè il livello<br />

“nudo” della povertà: quanto sarebbero i poveri senza nessun intervento<br />

pubblico, senza neppure la spesa pensionistica);<br />

• il tasso di povertà “dopo la spesa pensionistica”, ma prima di tutti<br />

gli altri investimenti in politiche ad hoc;<br />

• il tasso di povertà finale, “dopo tutti i trasferimenti”, compresa la<br />

spesa per le politiche specifiche di contrasto alla povertà.<br />

Dalla quantità di punti percentuali in meno, sottratti al livello di partenza<br />

e ottenuti grazie ai successivi interventi pubblici, si potrà misurare<br />

la qualità delle diverse politiche pubbliche e la loro efficacia. Si parte<br />

più o meno tutti a un livello elevato, oscillante sul 40-45%, con qualche<br />

sforamento verso il basso (l’Olanda al 35%, la Danimarca al 37%) e<br />

qualcuno verso l’alto (la Romania al 48%, l’Ungheria al 52%). Ma la<br />

maggior parte dei principali Paesi sta lì: la media tanto dell’Europa a 15<br />

che di quella a 27 è del 42%, la Francia sta al 45%, la Germania al 44%.

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