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11a2013_communitas 5.. - CHERSI/libri

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DANIEL RIGNEY<br />

cessi – nella vita sociale e che la nostra inconsapevolezza, o peggio il<br />

rifiuto a comprenderli e a vederli (spesso perché non ci conviene<br />

vederli), non per questo li fa scomparire.<br />

Communitas: Come farli scomparire, allora?<br />

Rigney: Mi piacerebbe avere una buona risposta, ma non ce l’ho.<br />

Posso però rifarmi a quanto afferma il premio Nobel per<br />

l’Economia, Paul Krugman. Krugman sostiene che la disoccupazione<br />

e la polarizzazione delle ineguaglianze sono, in ultima analisi, un<br />

problema più preoccupante che debiti e deficit, nonostante l’isteria<br />

politica in senso contrario, e che solo gli investimenti pubblici consistenti<br />

in settori quali le infrastrutture, le tecnologie pulite, l’istruzione,<br />

la ricerca e l’ambiente sono in grado di stimolare la domanda<br />

aggregata necessaria per sostenere a lungo termine la crescita economica,<br />

sia negli Stati Uniti che all’estero, e per creare una società a<br />

somma positiva. Ma naturalmente le attuali preoccupazioni sul debito<br />

rendono questo consiglio difficile da dispensare... La mia sfera di<br />

cristallo è appannata, ma in genere provo diffidenza per le forme di<br />

nazionalismo come quelle espresse dal movimento del Tea Party, che<br />

sembrano esprimere una disperata nostalgia per la semplicità relativa<br />

di un passato nazionale mezzo immaginario, e finiscono col negare<br />

la necessità di formulare approcci internazionali a problemi internazionali<br />

come il cambiamento climatico e la prevenzione delle epidemie<br />

in tutto il mondo. Tali movimenti reazionari costruiscono<br />

muri tra le nazioni in un momento in cui abbiamo invece bisogno di<br />

un migliore coordinamento attraverso i confini nazionali per affrontare<br />

questioni globali. Penso ai progetti delle Nazioni Unite ma<br />

anche al lavoro di ong nazionali e internazionali... Siamo vittime di<br />

una complexiphobia, una paura di ciò che è complesso. Ossia di una<br />

reazione comprensibile dinanzi ad eventi spaventosi che ci assalgono<br />

in un mondo sempre iperconnesso e ipercomplesso, ma al tempo<br />

stesso di una insostenibile, se non delirante, risposta ai problemi che<br />

ci riportano alla realtà del XXI secolo. Pensare che la realtà sia sem-<br />

COMMUNITAS 55 - KRISIS • 57

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