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L’ECONOMIA DEL GESTO<br />
non è alla radice di questi rapporti. Pensiamo a una buona cena, anche in<br />
assenza di denaro io sentirei la necessità di questo piatto di pasta o di<br />
questo bicchiere di vino o avrei, più prosaicamente, bisogno di un artigiano<br />
per un lavoro. Il denaro, semmai, è una modalità di movimento dell’economia,<br />
il ritmo del suo funzionamento, la sua velocità. Nella sua<br />
essenza, il denaro è proprio questo: velocità. Una velocità che, per molto<br />
tempo, ha facilitato il funzionamento del gesto economico, ma che oggi<br />
ne costituisce quasi una patologia. Il denaro è dunque velocità allo stato<br />
puro, che non riusciamo più tenere a freno. Anche perché il denaro, che<br />
sarebbe preposto a regolare i flussi di prestazioni legate ai nostri gesti, ha<br />
dei limiti microeconomici e dei difetti strutturali. Tra i difetti strutturali<br />
del denaro dobbiamo considerare almeno due fattori persino drammatici,<br />
nella situazione attuale: l’occupazione e la disoccupazione apparente.<br />
Communitas: In che senso occupazione apparente?<br />
Dacrema: Nel senso che un terzo della popolazione lavorativamente<br />
attiva di un sistema mondiale ad economia evoluta è occupata in settori<br />
che, dalla contabilità alla progettazione finanziaria, dalla salvaguardia<br />
alla negoziazione professionale del denaro, hanno a che fare con la<br />
gestione della moneta, ma sono per dir così altamente “inoperosi”. È un<br />
tributo umano che il denaro ci chiede: impiegare uomini, risorse, energie<br />
per il benessere non dell’uomo, ma del... denaro stesso. Parlo di occupazione<br />
apparente, perché questa forma di occupazione è costituita da<br />
un insieme di mansioni e compiti professionali che non incidono sulla<br />
qualità della vita e non hanno riscontro in un’attività produttiva vera e<br />
propria, ma in qualcosa che corrisponde a una necessità del sistemadenaro<br />
di avere persone dedicate alla sua “cura” e alla sua manutenzione.<br />
I numeri “chiedono” una manutenzione, ma non sono in relazione<br />
diretta con la produzione di quanto ci è utile, non rispondono – cosa che<br />
fa, invece, l’occupazione reale – a un bisogno concreto. Che cosa succederebbe<br />
se portassimo questo terzo della popolazione mondiale da<br />
un’occupazione apparente ad un’occupazione reale? Pensiamoci, perché<br />
forse il nostro problema, e la crisi del nostro sistema, è tutta qua.<br />
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