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11a2013_communitas 5.. - CHERSI/libri

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ANDREA ZHOK<br />

mondo si tradurrà in domanda di mercato e per ogni domanda sufficientemente<br />

intensa emergerà qualcuno con l’offerta adeguata: insomma,<br />

il migliore dei mondi possibili.<br />

Communitas: Il suo libro Lo spirito del denaro e la liquidazione del<br />

mondo si chiude all’insegna di un pessimismo radicale. Quel «rivoluzionamento<br />

di pratiche collettive ed atteggiamenti soggettivi» che dovrebbe anticipare<br />

la delimitazione dello spazio delle transazioni monetarie, è ben lungi. Le<br />

pongo due domande: l’alternativa cui lei allude è espressamente l’idea di<br />

decrescita, i modelli proposti da Latouche, per esempio? E poi: cosa si può<br />

ribattere a chi rimprovera agli “obiettori della crescita” di non tenere presente<br />

il desiderio di sviluppo dei Paesi più poveri del mondo, la loro volontà di<br />

espansione economica?<br />

Zhok: Il libro ha l’ambizione di produrre una nuova diagnosi, non<br />

ancora una prognosi né una terapia. La crescita economica rappresenta<br />

di per sé un grande problema, ma bisogna intendersi su cosa tale<br />

problema sia. Il potere del denaro funziona in modo tale da autoalimentarsi,<br />

ma ciò non è distruttivo perché il mondo è materialmente<br />

finito, mentre il processo è infinito: la crescita economica non è necessariamente<br />

crescita di prodotto materiale, ma crescita delle aree del<br />

reale che entrano nello spazio monetizzato. Se passiamo da una comunità<br />

in cui ciascuno rassetta la propria casa ad una comunità in cui ciascuno<br />

rassetta a pagamento la casa altrui, questo è computato come<br />

crescita economica, anche se assolutamente niente di nuovo è venuto<br />

alla luce. Limitare la crescita economica è una necessità, ma non coincide<br />

col limitare lo sviluppo, neanche quello strettamente materiale. Il<br />

tempo è maturo per tentare di proporre un modello transattivo alternativo,<br />

ma esso va pensato fino in fondo e nei dettagli. Il problema di<br />

fronte a cui si trova il nostro tempo non è quello di un attacco proditorio<br />

del male, ma quello della placidità un po’ lamentosa, ma sostanzialmente<br />

imbelle, con cui ci stiamo dirigendo ad occhi aperti verso un<br />

baratro. Per dirla con il grande T.S. Eliot: «This is the way the world<br />

ends, not with a bang but a whimper…».<br />

COMMUNITAS 55 - KRISIS • 99

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