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MICHEL MAFFESOLI<br />
dei media, la parola “crisi” assume oramai la forma di un passe-partout<br />
attraverso cui descrivere una situazione che appare come eccezione ma che,<br />
nella sua struttura interna, sembra più la regola delle nostre società.<br />
Marx sosteneva che il capitalismo è crisi. La sinistra sembra si sia dimenticata<br />
questa lezione, presa anch’essa in un presente totale, incapace di<br />
riflettere sulle lunghe derive della (sua) storia... Lei, però, a quello di crisi<br />
preferisce il termine apocalisse. Perché?<br />
Maffesoli: Uso il termine nella sua accezione etimologica.<br />
Apocalisse è ciò che rivela qualcosa che, fino a quel momento, era<br />
sconosciuto. Non è, pertanto, un pensiero apocalittico nel senso abituale<br />
del termine, inteso come pensiero catastrofico e catastrofista.<br />
Al contrario, l’“apocalisse” è ciò che ci consente di comprendere che<br />
la fine del mondo non è la fine del mondo. Rimanendo all’idea dell’apocalisse<br />
come rivelazione, credo si debba relativizzare anche la<br />
concezione abituale di crisi. Evitando, soprattutto, di ridurla alla sua<br />
dimensione economica o finanziaria. L’apocalisse ci rivela che, in<br />
effetti, si tratta di un vero e proprio mutamento di paradigma. I<br />
grandi valori sui quali lavorava la cultura moderna – ragione, futuro<br />
– stanno lasciando spazio a un altro insieme di valori che converrà<br />
analizzare. In questo senso, bisogna ricondurre anche il termine<br />
“crisi” all’etimologia: giudizio.<br />
Communitas: Il suo giudizio verte sul “grande scenario” dei temi mobilizzatori<br />
del nostro tempo: il presente totale, l’immanenza assoluta.<br />
Maffesoli: Effettivamente, credo si possa comprendere un’epoca a<br />
seconda di dove quest’epoca pone l’accento su questo o quell’altro<br />
elemento della triade temporale “presente-passato-futuro”. La<br />
modernità è stata così improntata sull’idea di futuro (pensiamo soltanto<br />
alla filosofia della storia o al mito del progresso), quanto la<br />
nascente postmodernità è stata essenzialmente “presentista”. Questo<br />
fatto è evidente, in particolare, per quanto concerne le giovani generazioni<br />
che, in maniera esacerbata, rifiutano qualsiasi idea di progetto,<br />
non preoccupandosi del domani e impegnandosia a “rimpatriare<br />
COMMUNITAS 55 - KRISIS • 43