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NOTA DI EDIZIONE<br />
È questo il senso di un’espressione, cara al discorso commerciale, entrata<br />
anche nel lessico italiano: pourparler, ossia quel colloquio preliminare,<br />
libero e senza paletti, per discutere i termini di un possibile accordo,<br />
quando tutto, dalla rottura alla rapida stretta di mano, è ancora davvero<br />
possibile. Qualcosa che, poi, con la consueta grettezza il linguaggio del<br />
marketing ha preteso di tradurre con un termine forse più alla moda, ma<br />
meno raffinato: brainstorming. Una conversazione ha “senso”, non tanto<br />
in funzione del contenuto della prestazione erogata – o dei “cervelli”,<br />
come vorrebbe farci credere la succitata locuzione inglese, messi all’opera<br />
–, ma se mira, magari senza riuscirci in pieno, a essere la mappatura del<br />
tracciato delle deviazioni in corso d’opera che da uno spunto iniziale si<br />
diramano in direzioni impreviste e potenzialmente infinite.<br />
Anche le conversazioni e gli interventi raccolti in questo volume sono<br />
frutto di molte deviazioni e nascono in forma, per così dire, preterintenzionale.<br />
Non, quindi, dall’esplicito intento di riflettere, in qualche modo<br />
e con qualsiasi mezzo, sulla prospettiva unicamente finanziaria della crisi<br />
riesplosa nel 2010, proprio mentre economisti, finanzieri, editorialisti<br />
annunciavano una – oramai lo sappiamo: improbabile – liquidazione<br />
della crisi e una conseguente ripresa. Nessuna ripresa è possibile – anche<br />
questo, oramai, lo sappiamo – senza una reale, concreta, persino dura<br />
ricognizione dei fattori strutturali e degli elementi contingenti che, come<br />
dimostrato da Pierangelo Dacrema 2 , questa crisi hanno prodotto, generando<br />
al tempo stesso un’erosione del legame di fiducia. Le conversazioni<br />
e gli interventi qui raccolti nascono da un implicito work in progress<br />
condotto sulle pagine del settimanale Vita, in continuità con le questioni<br />
sempre aperte del mutamento antropologico, economico e sociale già<br />
trattati su Communitas. Un lavoro che, proprio nella fiducia e nelle sue<br />
infinite declinazioni e ricadute (una su tutte: la comunità di destino a cui<br />
si richiama Eugenio Borgna, in chiusura del presente volume), trova il<br />
proprio comune denominatore. Un lavoro che la crisi attuale ci ha però<br />
costretti a mettere in forma, esplicitandone e forse anche potenziandone<br />
l’attualità. Il numero 55 di Communitas nasce da qui, e così.<br />
Nel 1984, parlando della nostra epoca fondata sull’equazione integra-<br />
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