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11a2013_communitas 5.. - CHERSI/libri

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VERSO UNA COMUNITÀ DI DESTINO<br />

Communitas: La speranza, scriveva Clarice Lispector, è un nervo teso<br />

che sostiene il cuore. E in questo senso rimanda a un’immagine dei<br />

monaci del IV secolo evocata da Michel de Certeau. I monaci, scrive, di<br />

notte stavano svegli, in piedi, nella posizione dell’attesa. Restavano lì,<br />

all’aperto, dritti e immobili come alberi, con le mani alzate al cielo,<br />

rivolgendo lo sguardo all’orizzonte nel punto in cui sarebbe sorto il sole.<br />

Stavano lì, fino allo sfinimento. Fino a quando il corpo si svuotava di<br />

intenzioni, e veniva abitato dal desiderio. Era la loro preghiera, scrive<br />

de Certeau, non avevano bisogno di parole, che bisogno c’era di parole?<br />

Solo al mattino, quando il sole si posava sulle palme delle mani, si potevano<br />

riposare. Che cosa impedisce, oggi, a tutti noi, di farci abitare da<br />

altro che dalla frenesia, incapaci di attendere, di ascoltare, di stabilire<br />

un dialogo sia pur muto che sappia però trasformare, noi stessi e il<br />

mondo che ci circonda?<br />

Borgna: È una domanda che mi pongo anch’io. Che cosa impedisce<br />

che si costituisca questa alleanza tra il destino mio, il vostro e<br />

quello di chi ci accompagna? Perché il destino originario dell’essere<br />

umano è quello di vivere assieme agli altri. Perché noi siamo gettati<br />

nel mondo e soltanto se viviamo con gli altri possiamo scoprire<br />

qualcosa di noi stessi, scoprendo negli altri cose che magari non<br />

conoscono e riconoscono soltanto quando nasce questa alleanza,<br />

questa comunicazione, questo scambio di esperienze. Questo<br />

mettere in comune le cose che so io e quelle che sai tu, questo<br />

scambio ci trasforma nel momento stesso in cui ascoltiamo le<br />

splendide immagini di Michel de Certeau. In un incontro apparentemente<br />

ovvio, quando la speranza misteriosamente trova alleati,<br />

allora anche in un passante possiamo riconoscere un amico. Che<br />

cosa ci induce a non accogliere la fiamma che c’è in lui, spingendoci<br />

a calpestarla, a disconoscerla, a spegnerla? Certamente, se non<br />

proseguiamo incessantemente nel lavoro che, ogni giorno, dobbiamo<br />

fare su noi stessi, mettendo in discussione tutte le nostre supposte<br />

certezze, allora nulla non solo di noi, ma nemmeno degli altri<br />

potremmo conoscere. Nulla della differenza, nulla di ciò che ci<br />

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