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dALLA egOeCONOMy ALLA weCONOMy<br />
Non è azzardato affermare che un tale modello ha molto a che<br />
fare con la presenza millenaria del cattolicesimo, che, assorbendo<br />
elementi già presenti nella cultura di roma, fin dai primordi si è<br />
organizzato in piccole comunità locali – col tempo diventate le paraoikia,<br />
dove vita quotidiana e culto sono tenuti vicini- legate, attraverso<br />
il vescovo, alle diocesi e, per questa via, alla Chiesa. Un modello,<br />
reticolare capace di tenere il locale della comunità in relazione con<br />
l’universale dell’annuncio cristiano, della lingua (il latino) e dell’ordine<br />
ecclesiastico.<br />
Oggi la grande sfida del modello italiano è sapersi alimentare<br />
dalle sue radici comunitarie e territoriali, non cedere (come ha fatto<br />
ogni tanto in passato) alle tentazioni esclusiviste, ma saper inventare<br />
una nuova prossimità non solo legata all’appartenenza culturale e<br />
alla vicinanza territoriale. Quando, nella sua storia, l’Italia ha saputo<br />
includere e ha saputo mettere a sistema le sue tante diversità (geografiche,<br />
culturali, spirituali) ha vissuto le sue età dell’oro,<br />
dall’Umanesimo civile fino al secondo dopoguerra, dove Peppone e<br />
don Camillo di guareschi coglievano il nostro genius di popolo non<br />
perché erano diversi, ma perché, in fondo, erano uguali. e se vogliamo<br />
che anche questo inizio di XXI secolo sia un periodo virtuoso e<br />
di sviluppo economico e civile dobbiamo saper ritrovare questi elementi<br />
comuni, tra passato e presente, tra europa e Mediterraneo, tra<br />
religioso e laico.<br />
Se considerato da questo punto di vista, l’Italia è un Paese strutturalmente<br />
avvantaggiato, rispetto ad altri, per cogliere la sfida di<br />
questa fase storica. A condizione però che sappia capire cosa deve<br />
fare per riuscire a trasformare la crisi in un’opportunità. ecco il<br />
punto: la traduzione italiana di quella strategia che, per altre vie, si<br />
sta cercando negli altri Paesi avanzati – e che possiamo ricondurre<br />
all’espressione evocativa della Big Society - ha a che fare con la nostra<br />
capacità di trasformare questa nuova soggettività economica in una<br />
vera e propria formazione economico-sociale – capace dunque di<br />
definire una relazione costruttiva tra economia e società anche attra-<br />
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