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11a2013_communitas 5.. - CHERSI/libri

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PIERANGELO DACREMA<br />

capaci di comprenderne la sostanza. Perché forse è proprio questo averci<br />

offerto continui alibi e dilazioni rispetto alle cose, uno degli effetti più<br />

perversi della crisi iniziata nel 2008. Crisi che non abbiamo saputo assumere<br />

in pieno, perché abbiamo preferito affastellare davanti agli occhi<br />

sempre nuovi problemi, ma mai il problema. Abbiamo ceduto alla lusinga<br />

di spostare giorno dopo giorno con la complicità, dolosa o colposa<br />

che fosse, di un certo numero di attori – dai media, alle agenzie che<br />

monopolizzano il mercato del rating a spesso inadeguati operatori creativi<br />

di hedge fund – l’asticella, dichiarando una misura e saltandone un’altra.<br />

Così facendo si è procrastinata ogni piena assunzione di responsabilità<br />

di un sistema che, in mano al denaro, che è velocità allo stato puro,<br />

sta delirando nel suo complesso. Ci siamo in qualche modo assuefatti al<br />

denaro, uno strumento leggero, veloce, che facilmente può essere confuso<br />

con un obiettivo. Stiamo osservando il succedersi di continui scossoni<br />

sistemici come spettatori davanti a un naufragio, quasi che la deriva<br />

non ci riguardasse. È un pensiero implicito, una sorta di schizofrenia tra<br />

fare e sentire che purtroppo ci ha fatto perdere di vista un elemento fondamentale,<br />

ossia che il denaro è un fenomeno estraneo all’essenza del<br />

fatto economico. Il denaro è lo strumento che, date certe condizioni,<br />

facilita il perfezionarsi del fatto economico. Ma un fatto economico, di<br />

là di ciò che può favorirlo, è sempre un concretizzarsi di pensiero e azione.<br />

È un gesto. Niente di più, niente di meno.<br />

Communitas: Dovremmo quindi tornare a una corretta comprensione di che<br />

cosa è “economia”, per capire realmente e intervenire alla radice di questa crisi?<br />

Dovremmo uscire dall’ossessione per il mezzo e tornare alla passione dei fini?<br />

Dacrema: Anche qui partiamo dalla constatazione semplice che il<br />

benessere non ci può mai derivare dal denaro in sé, ma dal lavoro, ossia<br />

dall’economia. Ossia da quell’insieme di gesti, pensieri ed emozioni che<br />

siamo tutti in grado di compiere e che costituiscono la nostra economia.<br />

Viviamo di gesti, viviamo di pensieri che si devono calare in azioni, non<br />

di denaro. Il denaro può rivestire i rapporti economici e sociali, ma non<br />

ne è la sostanza. Ciò significa che il denaro, anche se può influenzarli,<br />

COMMUNITAS 55 - KRISIS • 137

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