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PIERANGELO DACREMA<br />
capaci di comprenderne la sostanza. Perché forse è proprio questo averci<br />
offerto continui alibi e dilazioni rispetto alle cose, uno degli effetti più<br />
perversi della crisi iniziata nel 2008. Crisi che non abbiamo saputo assumere<br />
in pieno, perché abbiamo preferito affastellare davanti agli occhi<br />
sempre nuovi problemi, ma mai il problema. Abbiamo ceduto alla lusinga<br />
di spostare giorno dopo giorno con la complicità, dolosa o colposa<br />
che fosse, di un certo numero di attori – dai media, alle agenzie che<br />
monopolizzano il mercato del rating a spesso inadeguati operatori creativi<br />
di hedge fund – l’asticella, dichiarando una misura e saltandone un’altra.<br />
Così facendo si è procrastinata ogni piena assunzione di responsabilità<br />
di un sistema che, in mano al denaro, che è velocità allo stato puro,<br />
sta delirando nel suo complesso. Ci siamo in qualche modo assuefatti al<br />
denaro, uno strumento leggero, veloce, che facilmente può essere confuso<br />
con un obiettivo. Stiamo osservando il succedersi di continui scossoni<br />
sistemici come spettatori davanti a un naufragio, quasi che la deriva<br />
non ci riguardasse. È un pensiero implicito, una sorta di schizofrenia tra<br />
fare e sentire che purtroppo ci ha fatto perdere di vista un elemento fondamentale,<br />
ossia che il denaro è un fenomeno estraneo all’essenza del<br />
fatto economico. Il denaro è lo strumento che, date certe condizioni,<br />
facilita il perfezionarsi del fatto economico. Ma un fatto economico, di<br />
là di ciò che può favorirlo, è sempre un concretizzarsi di pensiero e azione.<br />
È un gesto. Niente di più, niente di meno.<br />
Communitas: Dovremmo quindi tornare a una corretta comprensione di che<br />
cosa è “economia”, per capire realmente e intervenire alla radice di questa crisi?<br />
Dovremmo uscire dall’ossessione per il mezzo e tornare alla passione dei fini?<br />
Dacrema: Anche qui partiamo dalla constatazione semplice che il<br />
benessere non ci può mai derivare dal denaro in sé, ma dal lavoro, ossia<br />
dall’economia. Ossia da quell’insieme di gesti, pensieri ed emozioni che<br />
siamo tutti in grado di compiere e che costituiscono la nostra economia.<br />
Viviamo di gesti, viviamo di pensieri che si devono calare in azioni, non<br />
di denaro. Il denaro può rivestire i rapporti economici e sociali, ma non<br />
ne è la sostanza. Ciò significa che il denaro, anche se può influenzarli,<br />
COMMUNITAS 55 - KRISIS • 137