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MIGUEL BENASAYAF<br />
Communitas: Crede che dal mondo giovanile possano nascere nuove<br />
forme di lavoro politico e di rapporto “etico” con il pianeta e con l’altro da<br />
sé? È possibile tornare al futuro come promessa, e non come “minaccia”?<br />
Benasayag: Credo che per produrre e costruire nuovi legami con la<br />
società e con l’ambiente – legami che vadano nella direzione della<br />
gioia, non della tristezza – non ci sia bisogno di ricostruire l’immagine<br />
di una promessa di futuro. Dobbiamo trovare un motore diverso<br />
che orienti i nostri ragazzi e che funzioni in modo immanente,<br />
senza far riferimento a illusioni (il sol dell’avvenire) o a minacce<br />
(l’apocalisse prossima ventura). Da questo punto di vista la perdita di<br />
futuro non è affatto una catastrofe. In questa direzione possono operare<br />
gli insegnanti. L’insegnamento al giorno d’oggi è diventato un<br />
campo di conflitto fondamentale, bisogna che gli insegnanti imparino<br />
a resistere all’utilitarismo sviluppando delle pratiche pedagogiche<br />
che rifiutino di formattare gli allievi come semplici risorse umane. È<br />
una sfida per gli insegnanti, ma se questi riuscissero ad esser vincenti<br />
in questa sfida potrebbero essere valorizzati agli occhi della società<br />
poiché staranno compiendo una missione molto importante.<br />
Communitas: In che modo gli educatori possono agire per decostruire<br />
nella mente dei ragazzi il principio del “tutto e subito” se tutto all’esterno<br />
della scuola va nella direzione contraria?<br />
Benasayag: Gli educatori possono far cambiare la tendenza semplicemente<br />
uscendo dalle frontiere della scuola. Bisogna che gli insegnati<br />
ri-territorializzino il loro lavoro, ciò significa costruire meno<br />
situazioni virtuali nell’insegnamento e creare dei rapporti con la vita<br />
e non soltanto con dimensioni astratte, economiche o produttiviste.<br />
Perché la vita supera largamente l’economia e la produzione, i suoi<br />
orizzonti sono immensamente più ampi. Purtroppo si ha la tendenza<br />
a reprimere tutto quello che si sviluppa oltre i confini che ci sono<br />
stati assegnati. Ma noi abbiamo il compito di andare oltre, in ogni<br />
caso. È la vita che ce lo chiede.<br />
COMMUNITAS 55 - KRISIS • 153