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11a2013_communitas 5.. - CHERSI/libri

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POVERTÀ DELLA POLITICA, POLITICA DELLA POVERTÀ<br />

il peggiore tra tutti gli Stati europei, sia dell’Europa a 15 che di quella a<br />

27, con un’incidenza (secondo i dati forniti dall’agenzia statistica<br />

dell’UE, la sola di cui i nostri ministri dicono di fidarsi) del 25%. Un<br />

minore su quattro, cioè, è povero, per la totale assenza di politiche pubbliche<br />

e di servizi indirizzati specificamente a questa parte di popolazione.<br />

Basti pensare che la Danimarca, il Paese definito la patria delle “coppie<br />

di fatto”, destina annualmente 1.517 euro pro capite al “sostegno alle<br />

famiglie e ai figli minori”; la Norvegia, altra nazione che fin dagli anni<br />

90 ha parificato la convivenza al matrimonio, ne stanzia 1.358; l’Italia,<br />

che celebra addirittura il proprio Family Day con tanto di ministri e cardinali,<br />

appena 261, all’incirca un sesto e anche meno…<br />

Il terzo aspetto significativo della povertà italiana riguarda il mondo<br />

del lavoro. Sono tanti, tra noi, i working poors – i poveri che lavorano. Le<br />

famiglie che pur avendo un capofamiglia occupato (il breadwinner, nell’espressione<br />

sociologica prevalente, la “persona di riferimento” secondo<br />

la terminologia dell’Istat), tuttavia cadono sotto la soglia di povertà. Una<br />

famiglia su dieci – tra quelle il cui capofamiglia risulta occupato come<br />

lavoratore dipendente – è in condizione di povertà relativa (il 9,8%): una<br />

percentuale che sale al 14,9% per le famiglie operaie e che sfiora addirittura<br />

il 30% al Sud, dove quasi una famiglia con breadwinner operaio<br />

su tre è povera.<br />

EU-Sil – il database dell’agenzia statistica europea Eurostat -, per<br />

parte sua registra un’incidenza del “rischio di povertà” (questa la formula<br />

adottata per la “povertà relativa”) in Italia tra la popolazione occupata<br />

del 10% (percentuale quasi doppia rispetto a Paesi come la<br />

Danimarca, l’Olanda, in Belgio, gli scandinavi, di un terzo superiore a<br />

Germania e Francia…). Ma si sale addirittura al 16% per i lavoratori<br />

con temporary work contract, cioè per i cosiddetti “atipici” o “precari”,<br />

peggior dato europeo (l’Olanda è al 4%, l’Austria all’8%, la Francia al<br />

12%, persino la Spagna, con il 14%, fa meglio di noi!) 3 .<br />

L’Istat ha analizzato, su richiesta della Commissione d’indagine sull’esclusione<br />

sociale, quel milione e 200mila famiglie “assolutamente<br />

povere”, con il metodo della cluster analysis (della ricerca “per gruppi”)<br />

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