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MARCO DOTTI<br />
gli rivela una verità più grande di quella che esso sa o ha saputo ospitare.<br />
Non sempre gli edifici sono instabili o “malati”. Spesso non<br />
sono adatti per contenere nuove forme e nuove forze – non per questo<br />
negative. Il salto di paradigma, il mutamento, l’apertura al domani.<br />
Siamo certi che, al cuore del suo sviluppo, nel nucleo intimo del<br />
suo diramarsi in mille rivoli, la crisi non ci indichi proprio questo: la<br />
nostra incapacità di accogliere, di ripensare, di tornare a quelli che<br />
David Maria Turoldo chiamava «i giorni veri del rischio»? Di contro<br />
a un rischio mai realmente assunto, ma solo delegato o ritardato?<br />
Forse per questo, a ogni tentativo di tranquillizzare gli azionisti,<br />
l’amministratore di Handke si contraddice, non riuscendo ad apparire<br />
né tragico, né ridicolo, ma semplicemente inadeguato all’improvvisa<br />
piega assunta da cose che ancora si illude di disporre sul<br />
piano ordinato e apparentemente preciso di quella che Karl Polany<br />
chiamava la società di mercato, evoluzione sottile e perversa dell’“economia”<br />
di mercato. Si illude, perché non sa ascoltarle, proprio là dove<br />
gli indicano che non c’è soluzione, ma solo superamento: perché da<br />
una crisi non se ne esce che mutati. Con un segno meno o un segno<br />
più davanti, ma mutati. La crisi è finanziaria, sostiene, ma il bilancio<br />
è sano. Legalmente ed economicamente l’azienda “c’è”, ripete, la società<br />
resiste ma qualcosa, ciò nonostante, lo preoccupa. Un “qualcosa”<br />
che viene spostato sempre in là, nello spazio e nel tempo, in un dopo<br />
o in un altrove laterale a cui nessuno crede ma in cui nessuno ha,<br />
parimenti, la forza di non credere fino in fondo. L’amministratore,<br />
per maschera professionale reputato capace di collocare ogni informazione<br />
nel contesto che le compete, è al tempo stesso vittima e<br />
concausa di questa crisi. Crisi che è, a sua volta, crisi della regola e<br />
dell’eccezione, ossia del fine e dei mezzi (un consiglio straordinario<br />
etc.) solitamente usati per uscirne. L’impossibilità di capire si fonde<br />
qui, però, con l’impossibilità di agire in una retroazione perversa dove<br />
l’effetto stesso (le parole, la convocazione della seduta, le contraddizioni,<br />
la sonnolenza che domina la scena) di reazione interviene ex<br />
post in quanto causa. L’amministratore infatti non farà un discorso<br />
COMMUNITAS 55 - KRISIS • 223