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Creaturine - Sardegna Cultura

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ni prima sul sagrato della chiesa quando già era in attesa<br />

del suo sposo che non venne mai. Finì seduta sul portale<br />

tra le due ceste delle elemosine. L’aveva atteso invano coi<br />

capelli ornati di roselline fresche, il velo di batista, i galloni<br />

d’oro, le foglie di palma, il viso incorniciato dai nastrini<br />

e imbevuto di bellezza. L’aveva atteso invano circondata<br />

dall’arrivo degli invitati e dei curiosi. C’erano tutti e<br />

aveva diciassette anni. C’erano tutti a salutare la più bella<br />

che si concedeva a Domenico Torchieri, caro e tenero<br />

venditore di stacci e di ombrelli, dai parenti più prossimi<br />

con sua madre in testa, alle amiche smaglianti in gelso azzurro,<br />

agli spasimanti sconfitti, a Carlo lo scemino, al sacro<br />

dipinto del patrono degli sposi, allo specchio nuziale,<br />

alle arance infilzate nelle corna dei buoi legati ai carri.<br />

C’erano tutti a pencolarsi in avanti dai gradini della scalinata,<br />

in attesa di un segnale che facesse tirare un sospiro<br />

di sollievo universale, tutti a fare congetture, a lanciare<br />

falsi allarmi di falsi avvistamenti, a parlare di dissenteria<br />

dello sposo o di un malessere improvviso del cavallo. Tutti<br />

ad assistere allo spettacolo indecente delle rose seccate<br />

sul suo capo, dei suoi seni mortificati, della sua figura<br />

spenta seduta sul gradino del portale. Tutti a borbottare e<br />

a biasimare sinché qualcuno non si decise finalmente a<br />

guardare dentro le due grandi ceste delle elemosine ai lati<br />

della sposa dove il bellissimo Torchieri riposava. La circondarono<br />

in tanti per impedirle d’avvicinarsi a quel tesoro<br />

mentre altri di sotto cominciavano a ubriacarsi col<br />

vino della mancata festa, in tanti le gridarono per carità,<br />

gridarono tenetela ferma e tenetela lontana, ferma perché<br />

non tocchi, lontana perché non ricordi, ma poi come<br />

d’incanto, come vinti, lasciarono fare e si ritirarono, fece-<br />

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ro un passo indietro tutti e nel semicerchio di folla che si<br />

formò, nel silenzio che si creò, tutti poterono vederla baciarlo<br />

sulla bocca bella inondandogli di lacrime le labbra<br />

infelici.<br />

Era una storia lontana oramai. Forse da quello era nata<br />

la leggenda dei filtri miracolosi buoni per lenire i mali del<br />

mondo. Cos’altro poteva averla salvata sennò dalla sicura<br />

follia?<br />

Iolanda trascorreva dunque i suoi pomeriggi sfogliando<br />

rotocalchi. Poi, passata l’ora, riapriva l’ingresso, richiudeva<br />

le finestre, accendeva le lampade, ripuliva il banco.<br />

Ed era allora, nello spessore della luce artificiale, che la<br />

bottega si saturava di quella tenue disperazione che da lì<br />

in poi la abitava. Passato il trambusto del giorno, scomparsi<br />

operai, damine e notai, tornavano i giocatori di dadi,<br />

gli avvinazzati e i solitari, gli sfaccendati, tornavano i frequentatori<br />

abituali. Tornava il silenzio brumoso di fumo,<br />

il brusio dei gruppi ai tavoli, lo schiocco delle biglie del biliardo;<br />

le donne coi bigodini in testa ridiscendevano dalle<br />

loro camere a pensione, il fumo riprendeva il suo posto<br />

sulla linea di galleggiamento e lei non circolava più di qua<br />

e di là ma se ne stava poggiata al suo registratore di cassa<br />

incorniciata dal verde delle bottiglie di menta così come<br />

l’aveva vista Rosario la prima volta che era entrato lì.<br />

Al giovane medico quel giorno non era sfuggita la linea<br />

sottile come un filino di seta in prossimità della tempia<br />

della donna che avvertiva i più attenti del suo trascorso<br />

dolore. Una pagliuzza pressoché invisibile le costeggiava<br />

il sopracciglio sinistro e terminava in un quadratino confuso<br />

tra i capelli.<br />

Il dottore aveva sempre meno tempo da trascorrere al<br />

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