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Creaturine - Sardegna Cultura

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delle pignatte stesse, una marea di candide cornette ondeggiava<br />

sulle tavolate a perdita d’occhio. Rosario vi tornava<br />

quando tutto era finito, quando i tavoli erano stati<br />

riordinati e il pavimento sapeva di varechina. Tornava e si<br />

soffermava nella penombra del pomeriggio a scrutare le<br />

lunghe file delle sedie mute e racchiuse nelle intimità del<br />

legno. Si appoggiava dando le spalle alla finestra sul cortile<br />

e al canto della fontanella di fuori eseguiva quello che<br />

prima per gioco, ora per abitudine, era divenuto l’esercizio<br />

di ogni giorno: incrociava gli occhi. Incrociava gli occhi<br />

lasciando che le sedie incrociassero le loro linee, formassero<br />

cortei, mostrassero ossi e ginocchi. Le sedie divenivano<br />

altissime e informi, barcollavano oblique nell’aria<br />

pulita delle quattro, si elevavano a torri che roteavano<br />

come enormi dervisci che intonano la canzone della fontanella,<br />

precipitavano infine con lo schianto della catasta<br />

dalle cui polveri risorgevano immacolate e nell’ordine<br />

originario del riposo pomeridiano. Nella penombra celeste<br />

anima della mensa deserta Rosario e Nicola si dilettavano<br />

così.<br />

Nicola era arrivato dal mare. Unico superstite d’un barcone<br />

colato a picco con tutto il suo arsenale di uomini e<br />

bestie. Trenta asinelli nuotavano come disperati nella baia.<br />

Quando i soccorritori arrivarono sulle barche non credettero<br />

ai loro occhi nel vedere le decine di testoline bianche<br />

sparse sulla superficie dell’azzurro, quando furono là rimasero<br />

senza fiato nel vedere Nicola dondolato dall’onda,<br />

addormentato sul collo d’un somaro. Il naviglio s’era<br />

portato via l’intero parentado: genitori, fratelli e sorelle,<br />

zie, nonni e la sua unica cuginetta. Commercianti di bestiame,<br />

erano soliti trasferirsi più volte l’anno da un’isola<br />

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all’altra. L’imbarcazione aveva ceduto, san Giacinto s’era<br />

distratto, e l’acqua li aveva bevuti.<br />

Nicola conosce il punto esatto, in fondo a cinque braccia,<br />

dove giacciono i corpi e ancora adesso all’approssimarsi<br />

del crepuscolo prima di calarsi nel sonno dell’orfano<br />

si reca sulla collina antistante la spiaggia per vederli<br />

riaffiorare dalle acque, uno ad uno, con parrucche d’alghe<br />

in testa e i granchi nel costato, li vede riaffiorare e riunirsi,<br />

riunirsi come un tempo sotto il lume e cenare.<br />

Nicola è di una bellezza di spine che fa sanguinare gli<br />

sguardi e voltare gli alberi. Coltiva cespi di rovi per la<br />

schiena e sul petto. Sulle sue labbra la mano leggera della<br />

disgrazia ha tracciato una linea felice che si inabissa nella<br />

guancia per risorgere più in là tra le acque dell’occhio. La<br />

sua veglia è la tenace volontà di stare a galla, il suo sonno è<br />

da sempre accompagnato dalla ninna nanna dell’asina.<br />

Rosario e Nicola sono i due amici inseparabili dell’orfanotrofio<br />

giunti all’istituto a breve distanza l’uno dall’altro.<br />

Insieme studiano e godono dell’aria aperta, vanno a<br />

pesca, collezionano ragni, nuotano nei mari di ogni stagione.<br />

Rosario ha paura quando vede l’amico inoltrarsi<br />

nell’acqua più profonda, gettarsi e nuotare sino a divenire<br />

un puntino indefinito sul pavimento del mare, ha paura e<br />

vorrebbe capire il perché di quell’azzardo dell’amico e si<br />

strazia nell’attesa del vederlo tornare. Rosario lo vede<br />

scomparire e riemergere, scomparire e riemergere più<br />

volte e il mare diviene d’un tratto lugubre e muscolare e<br />

già avverte un bagliore di fiori sulle onde e un giorno un<br />

giorno non ce la fece più e glielo disse gli disse ma perché<br />

perché lo fai e quello non rispondeva sorrideva e basta e<br />

aveva un piatto in mano trovato dove chissà e l’altro di-<br />

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