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Creaturine - Sardegna Cultura

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Dove andavano? Le montagne emanavano aliti di cisto,<br />

il lago in lontananza sembrava di ferro, piegando i gambi<br />

delle arenarie il grecale otteneva suoni di chitarre che accompagnavano<br />

il cammino del giovane felice del suo bottino<br />

di cose trovate, un libro, cinque pecore, un ombrello.<br />

Dove andavano? Nicola si addentrava in un mondo di<br />

luoghi senza nome dove la montagna era montagna e la<br />

valle era valle, come in un gioco da tavolo, o in una geografia<br />

originaria, come all’inizio dei tempi quando ogni<br />

cosa e gli esseri erano soltanto idee disegnate. Coghinas,<br />

Temo, Tirso, Albo… non sapeva da che parte fossero, né<br />

più cosa fossero né che senso potesse avere conservarne<br />

la memoria, la memoria del nome, ora che lui andava trasferendosi<br />

in una nuova stanza dove tutto veniva riportato<br />

a una dimensione più elementare.<br />

Giunsero a notte fonda. Nicola fece entrare gli animali<br />

nella sua baracca e accese il fuoco. Mangiò pane rubato e<br />

sorbe. Le fiamme lanciavano riflessi grandiosi sul soffitto.<br />

Stavano in cerchio i sei, disposti intorno ai ceppi. Ottanta<br />

o novant’anni più tardi su quel luogo sarebbe sorto<br />

un discount, là dove il ragazzo e le sue bestie riposavano.<br />

– Non avete paura voi, – disse alla più vicina. L’animale<br />

si voltò e lo fissò da regioni lontane, il ragazzo si specchiò<br />

nelle sue pupille rettangolari, pupille oneste, lucide e dure<br />

come porcellane, vide il suo viso nell’acqua nera della<br />

bestia, – non hai paura del fuoco e del coltello, ho fame…<br />

– tirò fuori di tasca la lama che scintillò quasi di luce propria,<br />

– non hai paura del coltello?<br />

La bestia guardò la lama e guardò l’uomo, nessun cattivo<br />

presagio la sfiorò, il pensiero del sangue le era estraneo,<br />

mosse le labbra e gli brucò sulla camicia due palline<br />

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di erba gatto, il sottobosco lievemente ventilato inviò effluvi<br />

di elicriso ed assenzio, il ragazzo riconsegnò il coltello<br />

alla tasca e posò una mano sulla spalla della pecora, un<br />

gesto che poteva voler dire ti voglio bene o ti ammazzo<br />

un’altra volta, poggiò il suo cuore di uomo sul cuore dell’animale<br />

e i due cuori fusero i propri battiti per qualche<br />

istante. – Ti chiamerò Omicidio, – disse (poiché mordevi<br />

le palpebre di un assassinato ucciso per nulla per un soldo<br />

per un fascio di legna per una lira d’acqua, ti chiamerò<br />

Omicidio se ti va). Le aveva trovate in un camposanto:<br />

erano anime o fiori di disgrazia o agnelli di Dio condannati<br />

a brucare le mani dei defunti, amiche alle quali diede<br />

per nome ciò che aveva trovato scritto sulle tombe: Omicidio,<br />

Gesucristo, Africa, Mare ed Eterna. Erano lì con<br />

lui, vi restarono quel giorno e il giorno dopo e dopo ancora<br />

ad ascoltare le sue lezioni a cielo aperto di fiabe, parabole,<br />

miracoli e leggende dette alla rinfusa, il suo teatrino<br />

di pecore stava lì ad osservarlo, loro, le cinque, docili e<br />

rassegnate, disposte in semicerchio sotto i lecci come la<br />

vera classe di una scuola.<br />

– Questa volta mi arrabbio per davvero e chiudo! – le<br />

aveva minacciate il giorno in cui le aveva sorprese a distrarsi<br />

durante il giuramento di Gulliver. Erano la sua famiglia.<br />

Fu per loro che seppur inconsciamente egli rinviò<br />

di giorno in giorno ogni proposito di suicidio (inconsciamente,<br />

perché il suicidio è così, c’è chi l’ha nel sangue, lo<br />

coltiva e lo tiene in braccio come un cucciolo e chi invece<br />

l’ha dietro le spalle, invisibile come un angelo, solerte come<br />

un maggiordomo).<br />

– Dormite Omicidio e Gesucristo, qua, vicino a me. –<br />

Mescolava le date della storia, le scoperte geografiche coi<br />

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