Creaturine - Sardegna Cultura
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va Volpi o discuteva di denaro negli uffici della Cassa di<br />
Risparmio e la immaginava svenuta o peggio uccisa nel<br />
letto sporco di sangue con la camicetta slacciata e lo sguardo<br />
subacqueo di una neonata. La immaginava esanime<br />
mentre l’impiegato gli indicava il punto esatto in cui mettere<br />
la firma sul modulo o lo strillone gli porgeva il giornale,<br />
quello stesso in cui sarebbe apparsa la notizia della<br />
tragedia, appena l’indomani, ogni giorno era l’ultimo di<br />
una vita oramai senza ragione, così che ogni saluto era<br />
stato l’ultimo e l’avrebbero accompagnato per sempre<br />
quei semplici “ci vediamo per pranzo” o “non tardare come<br />
al solito” o “ci saranno i fagioli” uditi andando via di<br />
casa ed ora destinati a divenire frasi celebri, impronunziabili,<br />
indistruttibili; così come l’ultima Bianca, l’ultima<br />
immagine di lei ferma sulla soglia di casa con la mano sollevata<br />
e l’alba poggiata sulla vestaglia sarebbe presto divenuto<br />
il dipinto più prezioso della sua galleria.<br />
Fortunatamente tutto svaniva come d’incanto al suo ritorno<br />
a casa, tutto si disperdeva quando la riabbracciava<br />
e la baciava sulle palpebre, quando le sussurrava paroline<br />
dolci e rassicuranti, quando ne riassaporava le guance,<br />
quando non si sa in che modo riusciva a trattenersi dal<br />
dirle grazie a Dio non ti hanno strangolata. Non era il caso.<br />
L’avrebbe preso per pazzo e comunque non poteva<br />
svelarsi sino a quel punto consapevole com’era che ci sono<br />
cose che non si devono dire se si vuole mantenere inalterato<br />
un proprio fascino sommerso.<br />
Navigare sottovento, ecco qual era invece il segreto.<br />
Anche quando i pensieri lasciati liberi si spingevano oltre<br />
e divenivano imbarazzanti, anche allora, bisognava restare<br />
prudenti e navigare sottovento.<br />
148<br />
Insomma questo amore, questo amore sconfinato e inquieto,<br />
bacato, scivoloso, tintinnante, visionario, era il<br />
suo bene più prezioso.<br />
* * *<br />
– Ho l’impressione che stia proprio male.<br />
– Ha provato a farlo sedere sul letto?<br />
– Sarei più tranquilla se venisse lei da noi dottore.<br />
– Verrei volentieri ma dove la troviamo a quest’ora<br />
una…<br />
– Il calesse è già qui che aspetta e se lei vuole potrà fermarsi<br />
a dormire alla cantoniera, partirà da Molafà domattina<br />
con calma, col treno.<br />
Gli aveva detto così Bianca Pes, gli era apparsa attraverso<br />
le ore incantevole come mai, incorniciata nel rettangolo<br />
notturno dell’uscio, con alle spalle la città già disposta<br />
al suo sonno ordinario, con una ciocca di capelli quasi in<br />
bocca, con un cappotto nero, coi guanti, con la sua età tra<br />
le dita come un pacchetto di caramelle da offrire per il disturbo.<br />
– Sarei più tranquilla se venisse, – gli aveva detto così.<br />
– La prego, – gli aveva detto ancora, l’aveva pregato,<br />
mentre la luna lo guardava sgomenta di tanta esitazione<br />
(cosa aspetti minchiolone?).<br />
– C’è un calesse che ci aspetta. – Quale frase più romantica<br />
poteva attendersi a quell’ora della vita tra quelle<br />
pareti spalmate di celibato?<br />
C’è un calesse che ci aspetta; in quanti avrebbero voluto<br />
o vorrebbero udirla e non l’hanno mai udita e non l’udranno<br />
mai?<br />
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