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Creaturine - Sardegna Cultura

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alino di poche lacrime. Bianca seguì con lo sguardo il breve<br />

corteo arrancare sull’acciottolato e poi svoltare verso i<br />

portici Bargone. Intorno al carro e tra le sue ruote i soliti<br />

cani affamati. Acquistarono filo e nastrini ai Depositi Demartis<br />

dove trovarono anche un bel bricco per il latte, del<br />

merletto e della liquirizia. Attraversando la piazza Cavallino,<br />

la donna si tirò sulle punte nella speranza di scorgere<br />

il mare dell’Asinara, ma la visibilità era pessima e il paesaggio<br />

in disordine. Si rassegnò a tornare a casa e al più<br />

presto. Si strinse nel cappotto e prese il padre sottobraccio:<br />

– Andiamocene e in fretta di qui, – gli bisbigliò spingendolo<br />

un po’. Discesero lungo la via della stazione incespicando<br />

negli odori stordenti del vicino Stabilimento<br />

delle Sanse. Giunti a metà strada una grandinata li costrinse<br />

a riparare sotto la pensilina di un caffè. Fermi, accanto<br />

a loro, altri passanti in fuga e sul lato opposto della<br />

via un mucchietto di cristiani scalzi. Bianca guardava la<br />

città con aria desolata. Il suo sguardo non voleva dire<br />

niente. Tra le scarpe le scorreva un rivolo promiscuo di liquidi<br />

pastello di natura incerta. Suo padre fissava l’aria<br />

come un capitano davanti all’impossibilità di salpare.<br />

Sempre più numerosi accanto a loro si facevano i passanti<br />

alla ricerca di un riparo. Nessuno esprimeva disappunto.<br />

Tutti tacevano guardando il nulla. Dall’oscurità di un<br />

archivolto venne fuori un cagnetto mangiato dalla rabbia,<br />

le strisciate della grandine lo rendevano trasparente e<br />

per un attimo parve a tutti disegnato sul muro.<br />

Bianca era bellissima. A fatica evitava che i chicchi la ferissero<br />

in viso. Guardava l’aria e non s’aspettava niente<br />

(Bianca non s’aspettava niente, come suo padre, come gli<br />

altri, fissava il vuoto come l’anima di una dispersa, come<br />

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quelli che non mandano avanti la vita soltanto perché<br />

piove). Restavano tutti immobili, più o meno muti, sconosciuti<br />

gli uni agli altri, piccola folla di naufraghi su una<br />

paginetta di pietra.<br />

L’ipnosi fu infranta da un branco di furfantelli poco più<br />

che quindicenni apparsi all’improvviso alla cantonata.<br />

Parlavano un linguaggio duro e si davano battaglia a colpi<br />

di ghiaccio e scarpe in faccia, qualcuno sanguinava e rideva<br />

al tempo stesso. Bianca si voltò ad osservarli. Uno di<br />

questi, un delinquente dal naso controverso prese la mira<br />

per scaricarle addosso una polpetta di neve sudicia. Si dispose<br />

in posizione di tiro proprio mentre dal fondo della<br />

via veniva avanti un giovane uomo dal passo svelto e dal<br />

baffo spruzzato di cosmetico: Ferdinando Sattabranca.<br />

Bianca non poteva saperlo ma quello sarebbe stato il compagno<br />

di una vita intera, l’uomo col quale avrebbe condiviso<br />

gioie e rovesci, amico e sposo, confidente, amante,<br />

fratello. Si chiamava Ferdinando ed era il grano sotto il<br />

cuscino d’ogni mattino, l’estate accanto; la tenerezza del<br />

suo volto l’avrebbe dilacerata e lei avrebbe intascato in<br />

una soluzione sola il credito che vantava nei confronti della<br />

vita. Dal fondo di quella mattinata nera e ipnotica veniva<br />

avanti l’uomo che le avrebbe dato quattro figli maschi e<br />

col quale ancora prima avrebbe navigato verso le coste<br />

dell’America su uno di quei bastimenti a vapore dalla linea<br />

prodigiosa. Lì sarebbero cresciuti i suoi figli e lì sarebbe<br />

invecchiata lei ricordando i tempi della casastazione,<br />

di Molafà così lontana e sperduta nello spazio da sembrarle<br />

irreale. Lui le sarebbe stato sempre accanto per tutti<br />

gli anni a venire circondandola di parole straordinarie:<br />

pretty, emerald, chip. Parole di cui ora ignorava il signifi-<br />

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