Creaturine - Sardegna Cultura
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era suo amico, non vi era neppure da rincorrerne la scia<br />
perché di sola scia era fatto, il lungo interminabile strascico<br />
la cui testa si scioglieva nel Mediterraneo. Il ragazzo<br />
non era solo. Uccelli acquaioli posti in alto di vedetta ed<br />
altri a poppa e a prua del bastimento badavano alla sicurezza<br />
della navigazione, tutta gente fidata, capitani di vascello<br />
esperti di correnti e sapienti conoscitori del traffico<br />
fluviale, tipi dalla coda forcuta e dalla fronte corrugata<br />
che scrutavano l’orizzonte pensierosi o tastavano l’acqua<br />
con un dito giallo. La navicella navigò per ore sotto l’arsura<br />
dell’estate. Nella notte di quel primo giorno il giovanotto<br />
cominciò a parlare da solo. Fermò l’imbarcazione a<br />
ridosso di un canneto e si mise a raccontare di sé all’acqua,<br />
le raganelle risposero intonando la solita canzone<br />
degli addii, il cielo li perdonò non negandosi a qualche<br />
stella in più e a un po’ di frescura che generò azionando<br />
un’enorme ventola.<br />
Fu nel pieno giorno del giorno successivo a quello che il<br />
ragazzo si imbatté nella casa divorata dal fuoco sulla<br />
sponda destra. Era un fuoco vecchio di anni. Ormeggiò il<br />
fico e scese a vedere. L’albero gli sussurrò non mi lasciare<br />
muggendo dolcemente sulla sabbia. La casa era interamente<br />
carbonizzata, le travi crollate emanavano odore di<br />
fumo stantio e umido, della porta restava una manina nera,<br />
le finestre lo fissavano con occhiaie languide e peste.<br />
Doveva essere successo qualcosa di assai brutto là dentro<br />
e assai lontano nel tempo a giudicare dall’attività dei ragni.<br />
– Guarda guarda guarda, – diceva passando da un<br />
ambiente all’altro e tracciando freghi col dito sulla caligine.<br />
Guarda guarda. La vita delle stanze era irriconoscibile,<br />
ogni cosa era andata distrutta, ma ai piedi di una parete<br />
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scoprì due libri che il fuoco aveva miracolosamente risparmiati.<br />
Si chinò a raccoglierli. Tremendamente ustionato<br />
L’isola del tesoro gli si sgretolò tra le mani. Come quei<br />
corpi di defunti che mantengono incorrotti nella sepoltura<br />
i loro tratti così il libro aveva conservate le proprie sembianze<br />
pur essendo già morto da tempo. L’altro era ancora<br />
buono, bruciacchiato ma leggibile. Lo sfogliò incredulo.<br />
I colori delle tavole erano rimasti inalterati così come<br />
dovevano essere in origine protetti dal leggero strato di albumina.<br />
Sia Gulliver sia le creaturine abitanti il palazzo<br />
reale sembravano dipinti a mano. Sedette e cominciò a<br />
leggere imbattendosi in frasi bruciate e in singole parole<br />
bucate dalle braci, lesse dell’adorabile regno di Blefuscu,<br />
dei sapienti, dei maghi, degli intrighi, lesse finché la calura<br />
non gli cucinò gli occhi e le cicale tambureggianti sui<br />
timpani non lo scaraventarono nell’arena di un giorno tarantolato<br />
di insetti e di sole alto e appiccicoso. Riabbracciò<br />
l’albero e salpò nel torpore del pomeriggio; dopo<br />
un’ora il fiume prese una curva ampia e rallentò, sulle sue<br />
acque si specchiavano lecci e graniti, Nicola passò sopra i<br />
riflessi col suo legno gremito di uccelli all’inverosimile,<br />
proseguì il suo viaggio, venne ancora giorno e notte, parlò<br />
ancora da solo, raccontò agli spiriti delle chiocciole la storia<br />
della ragazza figlia di un capostazione e di una mensa<br />
in fondo al mare dove suo padre e sua madre lasciano<br />
sempre un posto apparecchiato pronto per lui, parlò senza<br />
fermarsi, senza stancarsi, senza pause importanti,<br />
confortato dal silenzio assorto dei suoi spettatori, canne,<br />
pulci d’acqua, trampolieri ai quali si rivolgeva a tratti<br />
chiedendo: – Avete sonno? – Descrisse eclissi e comete libero<br />
di parlare di cielo senza essere un matematico, di dis-<br />
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