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Creaturine - Sardegna Cultura

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anda musicale, cose senza importanza ma buone per stare<br />

insieme. Per stare insieme Rosario disse una giornata<br />

tanto calda non me la ricordo da tempo e Bianca gli rispose<br />

hai ragione e poi gli disse ancora hai ragione sai. Rosario<br />

le disse domani starai sicuramente meglio, poi le disse<br />

guarda, poi sono le nove; lei non rispose ma gli sentì addosso<br />

il profumo d’orfano come mai sino ad allora lo aveva<br />

avvertito e si sentì così pienamente in sintonia con l’ora<br />

e col luogo da domandarsi com’era potuto succedere che<br />

la febbre in una giornata di calura come quella potesse accompagnarsi<br />

ad una simile abboffata di felicità.<br />

In quell’istante mosse le braccia, poi mosse le gambe nel<br />

dubbio, chissà perché, che non potesse farlo e le sue gambe<br />

seppero di fiume, un corso d’acqua che Rosario udì<br />

scorrerle in testa provando a immaginarlo, provando a<br />

immaginarsi il paesaggio all’interno di sua moglie.<br />

– Domani starai meglio.<br />

Guardavano verso i tetti, i tetti sopraffatti dalla marea<br />

di stelle in avvicinamento. L’aria era carica di tutti gli odori<br />

dell’isola. Odori di mare e di tabacco, di fieno a riposo e<br />

di stallatico si muovevano in libertà lungo quel cantuccio<br />

di agosto.<br />

L’uomo discorreva pacato, la sua voce e il suo ascolto filavano<br />

giusti, la sua serenità era tutta in un semplice atto:<br />

raccoglieva in un mucchietto i granelli di terra del davanzale.<br />

Consapevoli e inconsapevoli di tanta fortuna, Rosario e<br />

Bianca continuavano a rimestare chiacchiere di poco conto<br />

nonostante il segreto messaggio tra loro fosse “come faremo?<br />

come faremo a trattenere tutto questo bel presente?”<br />

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No, di certo non potevano, il presente già andava via sospinto<br />

dai pensieri, evaporava dai loro volti, diventava color<br />

passato appena lo si toccava e il futuro diventava presente,<br />

passato.<br />

Venne la fine del mese, di quell’agosto rosso e oro che se<br />

ne rivolò in cielo come una figurina, venne settembre,<br />

venne un ottobre ancora caldo. La gente affollava i cinematografi<br />

e Bianca e Rosario vi ci si mescolavano scivolandovi<br />

dentro come due natanti. Tornavano a casa parlando<br />

de La fata del mare o della Sfilata dei pesci o di Conchiglia<br />

a sorpresa, camminando nel loro amore fatto di<br />

nulla, di passi, di tatto, di lampioni a gas, di passanti frettolosi,<br />

di voci della strada. Camminavano lei sottobraccio<br />

a lui inoltrandosi per viali semiestivi dove il giallore dell’autunno<br />

incipiente avvertiva che il tempo non avrebbe<br />

fatto loro sconti. Camminavano sinché c’era strada, via,<br />

percorso, tracciato da seguire. Chiedevano solo di starsene<br />

là e di procedere per vie d’aria inanellando metri su<br />

metri a passo lento senza fermarsi, senza voltarsi, godendosi<br />

ogni minimo sorso di quell’amore che li rendeva così<br />

insensibili alla fatica da spingerli verso piazze, ponti e monumenti<br />

sino a un quartiere senza ragione, di vie senza<br />

nome, dove poter girare a vuoto in santa pace. (Quartieri<br />

senza ragione, dai selciati lavati di fresco, senza ingressi né<br />

svolte né nomi alle vie, dove gli sposi conducono le proprie<br />

spose per nulla, per percorrere una via di foglie senza<br />

uscita, per aggirare i palazzi conversando, per domandarsi<br />

cosa sarà che ci tiene qui tranquilli come smemorati girando<br />

a casaccio per le vie di un quartiere senza ragione?)<br />

Fu così che giunsero al vicolo Viola in pieno dicembre.<br />

La giornata era freddissima, il cielo azzurro e domenica-<br />

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