Creaturine - Sardegna Cultura
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porta ed aprendola. Le tappezzerie perdevano rivoli di<br />
muffa dalla bocca. Gli affreschi dei soffitti erano in rovina.<br />
Chiamò ancora: – C’è nessuno? – Udì tre colpi di tosse.<br />
È di qua, pensò. Percorse un breve budello invaso di<br />
vecchi libri boccheggianti sotto la polvere e trovata la camera<br />
domandò: – Siete qua?<br />
Il letto a baldacchino stava a un lato della stanza, un vecchio<br />
letto come non se ne usavano più, con la cortina di<br />
tendaggi intorno e la testata imbottita. Accanto, un comodino<br />
sommerso di medicinali, per terra un orinatoio e appesa<br />
al muro una clisopompa. Sull’altro lato una specchiera<br />
e un armadio. Null’altro. Il medico posò la borsa<br />
dove poté e preparando gli strumenti domandò: – Cosa vi<br />
sentite? – Trascorsero dieci secondi.<br />
– Cosa vuole dottore, – rispose poi la voce a fatica, – alla<br />
mia età è più quello che non ci si sente.<br />
Rosario udì la voce. La voce di un uomo molto vecchio,<br />
asmatico, stremato.<br />
– Avete ragione, – lo consolò. – Cominciamo perlomeno<br />
da qualcosa. Sentite male?<br />
– Certo, certo, male, – rispose il paziente oltre le tende.<br />
– Ma ciò che più mi duole sa cos’è? – tossì violentemente.<br />
– Suvvia, – ancora tossì, – lei è un uomo di scienza dottore,<br />
non dovrò insegnarle io?<br />
Rosario Vaira aveva trentanove anni. Aveva una finestra<br />
di fronte a sé, l’aprì: – È meglio fare un po’ d’aria, – disse.<br />
La finestra dava sulla strada ed era ad altezza d’uomo ma<br />
la via Asproni sulla quale s’affacciava era deserta. Tornando<br />
alla sua valigetta riprese: – Continuate.<br />
– Beh ecco quello che più mi duole è pensare a questo<br />
nostro corpo, a questo congegno così ben fatto.<br />
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– E dunque? Cosa vi dispiace?<br />
– Sì, sì, un momento, mi lasci finire.<br />
Anche quel soffitto recava un affresco, rovinato come<br />
gli altri. Un angelo senza gambe mostrava un cesto di pesche<br />
sbiadite.<br />
– Penso al sangue per esempio, – disse l’infermo. – Al<br />
sangue che scorre davvero così bene, penso alle valvole,<br />
alle braccia che si muovono, alla mente che ricorda, alle<br />
gambe che ci spostano.<br />
– Sì, – fece il medico compiendo il primo passo verso il<br />
letto. – Non è incredibile?<br />
– Beh mi dica lei dottore se nel mezzo di questo autentico<br />
splendore Dio doveva metterci dentro la merda, e non<br />
parlo di chissà che, di cattivo costume, dico proprio quella<br />
che si fa, il cacare. Guardi qua, devo sempre chiamare<br />
qualcuno perché venga a pulire.<br />
I tendaggi intorno al letto erano rimasti sino ad allora<br />
chiusi. Rosario sollevò una mano e li scostò lentamente.<br />
– E proprio oggi, – seguitò il vecchio. – Nell’anniversario<br />
della mamma, lei Rosario sa quanto ci tenga.<br />
Rosario guardò il volto del capitano Rais appallottolato<br />
dagli anni, ottanta, novanta. Il capitano portava una vestaglia<br />
color ciliegia, aveva i capelli bianchi lunghi e radi,<br />
la barba pettinata come allora, Rosario non lo aveva dimenticato.<br />
– Sentiamo il cuore, – fece il medico. – Sbottonate.<br />
Il vecchio si aprì la vestaglia sul petto. Rosario vi poggiò<br />
il tubo dello stetoscopio e si mise all’ascolto. Il vecchio lo<br />
osservava. Aveva gli occhi sigillati dalle cateratte. Rosario<br />
rimase all’ascolto ma poggiando lo strumento su quel corpo<br />
era come se auscultasse il passato stesso e non si stupì<br />
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