Creaturine - Sardegna Cultura

Nel silenzio che perdurò Tobia morse al centro un grappolo
d’uva come fosse melone, affondandovi il viso dentro
e sbracandosi di succo. La discussione ebbe inizio.
Adelaide intervenne più volte per smussare le posizioni.
Raffaele e Rosario sostennero la tesi dell’occasione straordinaria
e irripetibile, Rosario chiese d’essere messo alla
prova su percorsi accidentati, Raffaele si sderenò di suppliche,
raccontò del circo e dei balli, dell’arrivo dei filati,
dei vini di montagna, del cinese più grosso e più forte della
terra, dei setacci intrecciati con paglia d’orzo e di altri di
lino, disse dei suonatori di cembalo e di chitarra in arrivo
dalla Calabria, del pane alla francese, delle tabacchiere
blu della Barbagia, disse degli scarafaggi musicisti, gli animaletti
che chiusi in una scatoletta di fiammiferi emettevano
suoni più belli delle orchestre militari, disse di Isadora
Andreotti, la minuscola lombarda, la donna più piccola
del Regno, che dormiva nel cavo della mano del marito,
disse del trampolino, dei cerchi di fuoco, dei leoni siamesi
uniti per un fianco, due code vicine vicine e quattro
zampe in tutto e poi ancora dei fucili a doppia canna dal
calcio decorato in madreperla, degli amuleti, degli oroscopi,
delle erbe magiche, dei mangiatori di spade, tutto
questo era in arrivo, disse. Lo disse d’un solo fiato tra l’accorato
e il risentito, lo sfrontato e l’estasiato, battendosi il
petto come un penitente, smuovendo il tavolo a colpi di
pancia nell’eccitazione, scaracchiando di tutto e avvampando
in viso d’ogni sorta di gradazione del sangue per
poi sentirsi infine ancora dire: – Niente da fare.
Allora la discussione divampò. Raffaele si tirò in piedi,
masticava formaggio, urlò e picchiò i pugni sulla mensa
facendo barcollare la fiasca dell’alkermes, Adelaide pro-
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vava a metter pace e urlava più di tutti, gli lanciò uno
sguardo in tralice che diceva io ti difendo ma se mi rovini
la tovaglia ti prendi un pugno. Rosario tirò fuori una voce
da sorcettino che nulla poteva contro soprani e baritoni,
Tobia tirò fuori il coltello delle oche minacciando uno
scempio e piangendo a fontanella, a Raffaele scappò una
bestemmia su un santo patrono, ad Adelaide scappò una
scorreggina che nessuno per fortuna udì.
(Antonio guardava lontano inzuppando lo sguardo nel
verde dei pascoli punteggiati di pecore, sollevando il viso
al cielo poteva sottrarsi a quell’inferno di voci e addirittura
udire la sirena del postale al suo arrivo in porto, volgendolo
a est, dove il bosco condensava il suo colore, poteva
vedere sua madre salutarlo col ramo più alto e lo staccarsi
dal suo braccio delle settemila foglie).
Rosario agitò la sua stampella in aria. Tobia spirava un
alito di denti morti figlio della sua pancia avariata. Raffaele
non aveva mai detestato tanto suo fratello, divenne
marrone e la sua pelle emanò odori di pericolo che Adelaide
avvertì ma ancor più preoccupata era degli odori del
suo corpo. Parlavano tutti e tutti insieme, chi col bicchiere
in mano, chi impugnando bottiglie sbeccate. Tobia si
calò le brache e mostrò i glutei al fratello urlando sconcezze
nell’aurora e a vederlo di lontano senza capirne la ragione
pareva un povero diavolo tradito dall’incontinenza
e a vederli così tutti in piedi coi bicchieri in mano e le facce
incendiate parevano la buona compagnia nel bel mezzo
del suo viva il vino spumeggiante.
(Antonio aveva già preso la sua decisione, d’altronde
non vi era più alcuna ragione seria per opporsi; e non solo:
trovava che fosse non tanto giusto quanto doveroso ade-
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