Creaturine - Sardegna Cultura
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forma a cerchio e ad arco. Il treno arrancava, tirava, filava.<br />
Entrava nel regno del leccio, entrava nel sogno d’acqua di<br />
Bianca Pes distesa su un giovedì della sua vita al primo<br />
piano della casa cantoniera. Entrava nella notte turbolenta<br />
dei fratelli Poro accatastati sull’unico letto della loro<br />
casa di legni e travertino nel cuore della boscaglia. Tutti<br />
avvertiva del suo passare concimando il cielo di fumo e<br />
pietre infocate che schizzavano a frotte sulla carta stellata,<br />
che rimbalzavano sullo smalto dell’oscurità, che si posavano<br />
qualche secondo scarso appese ai rami degli ulivi come<br />
bacche fosforescenti. Dove corre quel convoglio col<br />
suo carico di addormentati? Rosario si destò scosso dai<br />
sobbalzi e aprì gli occhi nell’istante in cui il fischio sereno<br />
e verticale della locomotiva smembrava la trama di una<br />
squadriglia di venti che procedevano per rotte parallele.<br />
Rosario guardò di fuori il nulla rotolare nel nulla. Era cimato<br />
di fresco il ragazzo, il suo cranio riverberava di brillantine,<br />
passò le dita tra i capelli e con quel gesto ricapitolò<br />
la giornata: rotaie e rotaie che non finivano mai, che<br />
sembravano attraversarlo dal di dentro, che accennavano<br />
all’infinito il medesimo ritornello. Così sono i treni dell’adolescenza:<br />
penetrano dalla bocca calpestando la tastiera<br />
dei denti per sussurrarci in musica che la vita è una grandine,<br />
la sconfinata interminabile discesa dal cielo delle<br />
mille e mille possibilità.<br />
Ignaro di quel pasto di ferraglia, stava Rosario appena<br />
risvegliato da un muggito di vagone e da un sobbalzo.<br />
Passò le dita tra i capelli dunque; si guardò intorno, masticò<br />
quel po’ di sonno che gli era rimasto a zampettare<br />
sulla lingua. Sedutogli di fronte il maestro Grondona<br />
ciondolava la testa sul petto nell’interminabile sequenza<br />
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dei sì sì no no del viaggiatore esausto e torturato dalle curve<br />
e dai rinculi. Il ragazzino fissava distratto l’oscillazione<br />
di quel cranio senza governo, le croste e i buchi e i cespi<br />
d’erbe che contornavano gli isolotti di calvizie. Distratto<br />
fissava rombi di sangue vecchio e vene e precipizi anch’egli<br />
abbandonato all’incantesimo prodotto da quel pendolo.<br />
Distratto scorse il sogno colorare le stempiature di<br />
Ademaro. Sul trenino che andava via fischiettando tra<br />
monti e melograni Rosario assisteva al risorgere, dalle acque<br />
del maestro, di uno scolaro dal grembiulino troppo<br />
corto. Veniva avanti. Come un reietto, un reduce, con un<br />
rantolino riemergeva dalla cute il soldatino dell’ultimo<br />
giorno di scuola.<br />
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