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Creaturine - Sardegna Cultura

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uga, il petto che ispirava ancora tenerezza, le cosce color<br />

panna scoperte sino al pube e libere di farsi guardare dall’unico<br />

uomo che le aveva potute baciare. Non le vedeva<br />

più da anni né avrebbe pensato di poterle rivedere e a<br />

quel modo quel mattino.<br />

Di quel corpo egli aveva più volte respirato le maree e<br />

intercettati i segreti messaggi, prima che l’incidente lo<br />

svuotasse del tutto lasciando in vita solo il misero spettacolo<br />

di un involucro. L’uomo si guardò i lacci delle scarpe<br />

di un marrone diverso l’uno dall’altro, guardò la camera<br />

tutt’intorno, il soffitto, la canna fumaria, gli infissi, e pensò<br />

di darvi al più presto una rinfrescata. Pensò a dove recuperare<br />

i secchi e le pennellesse e se da qualche parte<br />

nella legnaia potesse ancora esservi della calce. Pensò che<br />

pur non serbando odio o rancore era finalmente giunto il<br />

giorno che lui aveva tanto atteso per tutti quegli anni. Vide<br />

una mattonella spaccata accanto alla mano della donna<br />

e pensò d’aggiustarla, c’era tanto da fare, da riparare, da<br />

sistemare, da verniciare pensò senza assumersi il peso di<br />

nessuna condanna nel sentirsi così sereno e pieno di progetti.<br />

Demetrio Pes stava al sicuro seduto comodo sulla<br />

sponda buona della vita. Aveva mille possibilità davanti<br />

ma scelse la peggiore. Avrebbe potuto alzarsi e infilare la<br />

porta e andare a prendere una boccata d’aria o andare ad<br />

avvisare i becchini o fermare un treno o starsene ancora lì<br />

a fare l’inventario dei lavori. Invece fissò i capelli della<br />

moglie sparsi sul pavimento e volle ricomporli. Si chinò<br />

per farlo e nel farlo disse, neanche lui seppe perché, la<br />

chiamò: – Marta… – e il dolore lo morse come un serpente<br />

fintosi morto fino ad allora. Gli piazzò i denti in faccia<br />

nell’istante in cui (ma oramai era troppo tardi) egli capì<br />

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che era troppo tardi. I denti erano gelati, il morso scintillò<br />

sulla guancia. Demetrio Pes sollevò la lana bianca della<br />

capigliatura della donna ancora pronunciando quel nome<br />

e poi nome e cognome mentre si spalancava la porta e<br />

Bianca lo ritrovò lì col corpo chino sulla donna e le lacrime<br />

che precipitavano nella ruga larga come una tasca.<br />

– Marta Giordano, Marta Giordano, – piangeva infilando<br />

una mano in quel taglio sul viso ed estraendone il cammeo<br />

di un istante formidabile in cui lui l’aveva dichiarata<br />

indispensabile. Mia cara Marta disse ancora pettinandola.<br />

Bianca era rimasta sulla porta. La scena appariva come<br />

la distorsione di una qualche Pietà medioevale. Piegò le<br />

dita di una mano e si scrutò le unghie poi si chinò sulla<br />

madre e ne tastò la giugulare. – Hai visto? – le disse Demetrio<br />

Pes fuori di sé, – hai visto cos’è successo?<br />

Anche a Bianca non sfuggì la necessità di una rinfrescata<br />

in quella stanza, soffitto e muri erano ricoperti di una<br />

patina color caffè, porse le braccia al padre e gli disse: – Su<br />

alzati.<br />

Da allora le cose corsero lungo una sorta di orlo sul precipizio.<br />

Doveva essere un giorno magico, giocato sullo<br />

spartiacque del lutto e della liberazione. Anche se nessuno<br />

poteva confessarlo, e men che meno un padre a una figlia<br />

o viceversa, si attendeva quel giorno con l’ansia e l’emozione<br />

delle cose belle. I giorni da lì in poi sarebbero<br />

stati come pacchettini da scartare e loro avrebbero guardato<br />

al futuro come a un tempo liberato di cui cominciare<br />

a godere. Invece quel pianto aveva rovinato tutto. Nel<br />

medesimo istante in cui teneva tra le mani il capo della<br />

moglie Demetrio Pes avvertì accanto a sé la presenza dei<br />

sensi di colpa affamati. Brutte bestie. Bianca ne restò con-<br />

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