Creaturine - Sardegna Cultura
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Stella e Veronica dalle gonne azzurre di borragine e il ginocchio<br />
infangato, salutò il cugino Mario, il cugino Piero<br />
dalla zazzera bagnata di mosche, salutò Giovanni, il campanaro,<br />
i suoi rintocchi annunciavano il lutto e la festa, salutò<br />
Luisa così bella, così rara da profumare della sua radice<br />
anche l’occhio che si ferma a contemplarla. Sotto la<br />
guida di Antonio il ragazzo entrò nel ventre della selva per<br />
sentieri bagnati dal sangue di frutti esplosi. Camminavano<br />
uno di fianco all’altro, compagni sereni di mattinate e<br />
pomeriggi estratti a caso dalla vita. Antonio accompagnò<br />
il fanciullo sino al cuore del sistema, dove nidificano le<br />
piante, sino alle viscere del tronco dove, sollevato lo strato<br />
di corteccia, appare la nuova vita, il feto dell’alberello.<br />
Rosario si lasciava guidare, ciondolava, rifiatava, poi riprendeva<br />
il passo al fianco dell’amico e riniziava il cammino<br />
nel Getsemani. A sera, coi volti aranciati di tramonto,<br />
riprendevano la via di casa. Ad Antonio Poro bastava<br />
emettere un fischio secco perché decine d’asini come<br />
d’incanto venissero fuori un po’ dappertutto, da dietro i<br />
tronchi e le siepi, da dietro i muri, come oggettini di cartone.<br />
Rosario arrancava con la sua gamba a strascico sino alla<br />
porta di casa dove Adelaide l’attendeva già in pensiero.<br />
La gamba. Era notte, era già notte fonda la notte in cui lo<br />
sentì lamentarsi e si gettò giù dal letto. Il ragazzo si contorceva<br />
dal dolore. La donna lo accudì sinché poté con<br />
bende e tazze d’acqua ma la cosa sembrava ancor più seria.<br />
Al mattino del giorno convenuto per la partenza, quando<br />
Grondona apparve sulla porta di cucina lei lo precedette:<br />
– Ademà, il ragazzo non ce la fa, la gamba… – Il<br />
maestro socchiuse la porta della stanza dove Rosario riposava<br />
spossato, si accostò al letto e sedette accanto. Il ra-<br />
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gazzo respirava a bocca aperta. Intorno a loro stazionava<br />
ora una luce di giorno giovane. Ademaro poggiò un gomito<br />
sul pomo del letto, poi guardò in direzione della finestra,<br />
poi il ragazzo, poi sollevò il cappello e diede una grattata<br />
di nocche sulla cute spoglia. Il raspo destò il giovane<br />
che aprì gli occhi incollati dalla lacrima.<br />
– Maestro! – era il maestro, il suo maestro Grondona<br />
venuto a trovarlo! –Avete visto maestro? la gamba.<br />
– Non è niente, passerà presto mi creda.<br />
– Passerà presto dite?<br />
Teneva la gamba fuori dai lenzuoli; viola e gonfio l’arto<br />
sembrava respirare come un animale. Ademaro Grondona<br />
tirò fuori gli occhiali dal taschino della giubba e la<br />
scrutò a fondo. – Ora riposi, – lo tranquillizzò.<br />
Appena fuori si imbatté in Adelaide: – Chiama il medico,<br />
– le disse, – non mi piace. – Il medico arrivò verso sera;<br />
dopo avere visitato il paziente si intrattenne sulla porta<br />
della camera con la donna ed Ademaro. Parlottavano. Ogni<br />
tanto un gesto con la mano, un movimento di passi. Inutilmente<br />
Rosario tentava di intercettarne il senso. Parlavano<br />
a voce troppo bassa. Rosario tentò allora di interpretare<br />
i gesti, ma cosa potevano significare quegli scatti del<br />
braccio del dottor Gala, i capi voltati all’unisono, le semigiravolte<br />
di Adelaide? Poteva davvero riguardarlo quella<br />
danza di flamenco in cui la donna stretta tra i due uomini<br />
si portava la mano alla fronte, pizzicava la gonna, picchiava<br />
il pugno in aria?<br />
Erano davvero rivolti a lui, al caso suo, i tre “merda” che<br />
in rapida successione Grondona esclamò mentre le sue<br />
mani battevano il tempo, i suoi tacchi il pavimento, ed egli<br />
girava su se stesso da vero gitano? Forse, pensava Rosario,<br />
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