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Creaturine - Sardegna Cultura

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lura, facendo piano perché gli uccelli non si allarmassero.<br />

Camminavano nell’acqua bassa mezzo chini e l’unico rumore<br />

percettibile era lo sciacquio prodotto dai loro stessi<br />

passi.<br />

Ademaro Grondona procedeva per primo, il busto da<br />

ornitologo costantemente proteso in avanti, le pinze in<br />

una mano, una canna nell’altra. Spostava il terriccio galleggiante,<br />

i cumuli di erbe in superficie. Di tanto in tanto<br />

all’improvviso s’arrestava e in quell’istante tutto restava<br />

immobile sotto la pressione del sole fuorché le falde flosce<br />

del suo cappello che ondeggiavano silenziose come ali,<br />

sollevava un braccio e voltandosi indicava la breve galleria<br />

di giunchi da cui poco dopo in tutta indifferenza veniva<br />

fuori la fila di anatroccoli.<br />

Allora finalmente respirava, infilava la mano nel taschino<br />

della sua giacca da caccia ed estraeva la lente con cui<br />

scrutava a fondo la penna variopinta che la corrente gli<br />

aveva trascinato sotto il naso. Con cura esaminava, spostava<br />

il capo, decideva. Con le pinze di legno la scrollava<br />

dall’acqua e infine la lasciava cadere nel canestro sul cui<br />

fondo l’attendente aveva predisposto un’alcova di foglie<br />

di fico e paglia. Erano andati avanti così, per ore ed ore<br />

raccogliendo penne e piume d’ogni colore ed ordine, vagando<br />

per lo stagno con gli stivali di montone ad armacollo,<br />

le raganelle in tasca o appese ai pantaloni.<br />

Al mezzodì avevano avvistato il fenicottero, un trampoliere<br />

d’un metro e settanta, unico esemplare isolato dallo<br />

stormo. Per quanto si fossero dati da fare in tutto quel<br />

tempo non una sola sua penna era comparsa sulla superficie<br />

della laguna. Perciò avevano deciso d’avvicinare il<br />

pennuto.<br />

10<br />

Circondato d’anguille e girotondo di rospi l’uccello stava<br />

ritto, regale nel portamento solito del Signore dello stagno.<br />

Ademaro Grondona si era mosso silenzioso nelle acque<br />

limacciose, con la calma e la perizia del cacciatore avvezzo<br />

alla scoperta del reperto raro. Aveva aggirato per<br />

bene l’animale ponendosi dal lato della coda ma questo<br />

rimbalzando sui trampolini con un leggero saltello gli aveva<br />

offerto il capo. Ancora aveva ripetuto la medesima manovra<br />

con una curva più ampia e una repentina giravolta<br />

ma ancora era rimasto beffato da un nuovo irriverente saltello.<br />

Tre passi più indietro l’attendente s’era fermato col canestro<br />

tra le mani e inclinava la testa incuriosito dalla strana<br />

danza d’amore di quegli animali così diversi tra loro.<br />

Infine l’uomo era divenuto quasi invisibile, aveva pizzicato<br />

e strappato con mossa lesta, quando s’era voltato stravolto<br />

con la penna alta in mano aveva un rospo sul cappello<br />

come uno stemma inciso: – Te l’ho fatta, te l’ho fatta!<br />

Rosario venga, presto, – e poi, contemplando un’ultima<br />

volta l’animale aveva aggiunto sottovoce: – Te l’ho fatta,<br />

eccome, guarda qua.<br />

Ademaro Grondona aveva appreso quella tecnica quando<br />

ancora studente frequentava per diletto la Società degli<br />

Uccelli. E benché studente modello del Liceo Nazionale<br />

non mancava mai occasione nelle giornate più terse<br />

dell’anno di recarsi presso i corsi d’acqua o dentro le foreste<br />

di roverelle ad inseguire chiurli e cavalieri d’Italia. La<br />

passione era poi scemata quando assorbito dagli studi<br />

aveva giocoforza dovuto ritenere chiuso quel suo capitolo<br />

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