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Creaturine - Sardegna Cultura

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forse son vecchi amici che si ritrovano, che insieme ripercorrono<br />

squarci felici della loro vita e quale migliore occasione<br />

per ripensare ai bei tempi? Forse il dottore è il buon<br />

vecchio amico che ritorna, che riporta una ventata di anni<br />

belli, forse era proprio così, forse il dottore è l’amico buono<br />

che riviene quando meno te l’aspetti, pensava mentre<br />

la donna volteggiava sull’uscio con le mani alla vita, una<br />

gardenia tra i capelli, e una lacrima che doveva di sicuro<br />

voler dire nostalgia.<br />

Guadando quel pianto colorato dei riflessi della carta<br />

da parati Ademaro Grondona e Rodolfo Gala si avviarono<br />

alla porta sul patio. – Se non ce la fa si taglia, – disse il<br />

medico, – ma mi raccomando, per stanotte fate come vi<br />

ho detto. – Lo disse appena prima di venire risucchiato<br />

dalle labbra della notte che lo ingoiò in fretta senza lasciare<br />

il tempo ad Ademaro di pronunciare il suo arrivederci.<br />

Quando riapparve nella stanza dove Adelaide aveva<br />

già provveduto ai lavaggi e alle garze, agli unguenti, alle<br />

bende con la cera calda e alle gocce di melissa, Ademaro<br />

Grondona non si stupì di pensare che quella che si apprestava<br />

ad affrontare sarebbe stata una notte speciale.<br />

Sedettero al capezzale del ragazzo una di fronte all’altro<br />

stranamente consapevoli che tanto zelo ed apprensione<br />

sono dovuti nella scala della vita solo a un figlio e quello<br />

era invece un figlio di nessuno. Restarono fermi come busti<br />

di gesso a contemplare il malato divorato dall’infezione.<br />

Restarono fermi un’ora, forse due, sospesi ai fili dei<br />

propri respiri, al solo scopo di evitare qualsiasi gesto,<br />

qualsiasi turbamento che potesse frangere l’incantesimo<br />

di quel limbo di famiglia.<br />

Alle undici il maestro si alzò e andò ad aprire la finestra<br />

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sull’oliveto soffermandosi davanti all’oscuro universo degli<br />

alberi che alitarono il loro salve Grondona sulle tende<br />

facendole gonfiare e ricadere su di lui e trasformandolo<br />

per una manciata di secondi nel ritratto di una tristissima<br />

sposa. L’uomo si divincolò presto ma restò lì, spalle al<br />

malato, a fissare cortei di formiche notturne che instancabili<br />

percorrevano chilometri di davanzale. Le figlie della<br />

guerra accecate di lavoro non si erano fatte traviare dall’odore<br />

di disgrazia emanato dalla stanza. Non scomponevano<br />

l’assetto della processione al cui centro Ademaro,<br />

in un istante di ingiallimento della coscienza, credette di<br />

vedere portato a spalla dalle becchine il feretro del ragazzino.<br />

L’uomo sbatté le ciglia distaccandosi dall’imbambolamento,<br />

quindi sollevò il capo ed annusò l’aria ristabilendo<br />

il contatto coi suoi Venti e le sue Stelle. Pensò al Generale<br />

Della Marmora e alla sua Spedizione Geografica da raggiungere<br />

prima o poi, li pensò lontani, presso qualche<br />

montagna del Gerrei. Ma se il ragazzo non migliorava<br />

ogni calcolo si sarebbe rivelato inutile; se il ragazzo non<br />

migliora niente potrà più essere come prima. Annusò l’aria<br />

Ademaro Grondona, la guida scelta, il vecchio maestro<br />

abbattuto dai temporali di vaiolo che come bombe<br />

avevano disintegrato la sua idea scolastica, annusò l’aria<br />

sollevando gli occhi verso il cielo dove una nuvola dai<br />

fianchi larghi procedeva lungo il letto di un vento rettilineo.<br />

S’accese il sigaro come era solito fare quando restava<br />

solo e il mondo coi suoi uomini si allontanava come una<br />

barca che si slaccia dall’ormeggio. Boccate di fumo decollavano<br />

dalla sua testa scomparendo tra i recessi della notte<br />

abitata da fischi di treni lontani, rintocchi di campane e<br />

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