Creaturine - Sardegna Cultura
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– Di te, di te ho paura, cosa hai combinato per ridurti<br />
così?<br />
– Io non ho fatto niente.<br />
– Comunque resta qua, dentro casa non puoi, mia madre<br />
si seccherebbe, lei non vuole mai…<br />
– Qui va bene, – la interruppe il giovane. – Qui va bene<br />
e… grazie.<br />
– Mi chiamo Bianca, sono la figlia del cantoniere, vendo<br />
acqua ai viaggiatori.<br />
I ragazzi rimasero a parlare uno di fronte all’altra per<br />
quasi mezz’ora, parlarono di vetture e passaggi a livello,<br />
parlarono il tempo sufficiente perché il padre della giovane<br />
urlasse il suo: – Bianca! Bianca ci sei? – che fece correre<br />
via la giovane col proposito di ritornare verso sera.<br />
Si rividero infatti. Bianca gli portò lardo e fave e una<br />
fetta di pane di ghiande.<br />
– Puoi dormire qua allora, tanto il treno non ripartirà<br />
prima di venerdì a mezzogiorno.<br />
– Dunque posso restare?<br />
– Certo che puoi, chi vuoi che s’accorga? Solo io so che<br />
sei qua, ma attento, se solo provi…<br />
– Allora resto, di paglia ce n’è.<br />
– Puoi dirmi cosa t’è successo? – si fece decisa la ragazza.<br />
Parlarono in un riverbero di luce fredda che entrava<br />
nella carrozza dal vicino prato. Parlarono un’ora questa<br />
volta. Il ragazzo mangiava piano. La ragazza lo osservava.<br />
La ragazza aveva occhi neri e una treccia corta sulla spalla.<br />
Nicola si ferì leggermente l’indice affondandovi l’unghia<br />
quando scrutandola mentre lei gli parlava scoprì che<br />
era proprio bella. Nicola era fatto di spine, profumava di<br />
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disgrazia e di bestie marine, la giovane se ne accorse, Nicola<br />
aveva sulle guance la sabbia dei fondali, la sua palpebra<br />
era bucata da un rametto di corallo, le sue braccia<br />
erano legni di naufragio; quando si passò una mano sulla<br />
fronte per liberarla dai capelli alla ragazza sanguinò lo<br />
sguardo.<br />
Il giorno successivo Bianca arrivò avvertendo che il<br />
convoglio non sarebbe ripartito prima di una settimana o<br />
forse più. Era franato un ponte a causa delle piogge e anche<br />
suo padre era corso a dar man forte. Non era una buona<br />
notizia per una venditrice d’acqua ma per lei sì anche<br />
se rimase un’ammissione confinata nelle soffitte della coscienza.<br />
In quei giorni i due ragazzi si rividero più spesso e<br />
sempre più a lungo. La ragazza arrivava col suo fagotto di<br />
ceci nascosto nello scialle e si sistemava nella stessa posizione<br />
del primo giorno. Nicola trascorreva le lunghe ore<br />
di noia dell’attesa sprofondato nel fieno o sbirciando con<br />
la più estrema cautela dalla grata del finestrino verso la<br />
stazione dove di tanto in tanto riusciva a scorgere la figura<br />
della ragazza muoversi coi lenzuoli in mano intorno al caseggiato.<br />
Bianca viveva dalla nascita nella casa cantoniera. Sapeva<br />
tutto di traversine e carri merci. Il pomeriggio in cui<br />
venne fuori da sua madre il suo vagito si mischiò all’urlo<br />
di una vaporiera di passaggio. Così la salutava il mondo<br />
dei macchinisti nel quale si apprestava a crescere. La bambina<br />
odorò da subito di grasso di rotaia, i suoi vestitini<br />
erano costantemente impregnati di caligine, la sua esistenza<br />
legata alla macchina a vapore senza la quale suo padre<br />
non avrebbe mai conosciuto sua madre all’inaugurazione<br />
della ferrovia sull’isola. Per Demetrio Pes il treno<br />
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