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Creaturine - Sardegna Cultura

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improvvisamente si creava riusciva a sentire il pigolare<br />

dei mille isolotti disseminati intorno all’isola madre come<br />

pulcini dietro la chioccia.<br />

Aveva l’orfanotrofio dipinto sul femore e la badessa ritratta<br />

su un ginocchio. La badessa era minuta, sapeva vagamente<br />

di Dio, aveva scarpine lustre e nere e un rosario<br />

che feriva. Nicola distendeva e ripiegava la gamba e quel<br />

volto chiudeva la bocca e la riapriva. – Vedete? Mi sta<br />

chiamando. – Le pecore lo fissavano serene. Sopra di loro<br />

il solito miliardo di stelle in fondo al cielo. Intorno a loro<br />

gli uccelli addormentati. Sotto, radici d’ogni genere in<br />

viaggio. – Africa, Destino, guardatemi, – disse alle due pecore<br />

un giorno presso la pozza dove tutti insieme erano<br />

andati ad abbeverarsi. Le pecore bevevano acqua piovana<br />

il giorno in cui egli confidò loro: – Io non vi sgozzerò mai.<br />

– Ripulito dal digiuno di carne d’animale il suo corpo aveva<br />

ora gli interni rosei di un neonato.<br />

– Non dovete avere nessuna paura di perdervi con me.<br />

Nicola sa dove mettere i piedi, lui sì sa dove trovare l’erba<br />

e la sorgente. Seguitemi e vedrete. Ora formiamo una bella<br />

catena e magari cantiamo pure una marcetta, ci aiuterà<br />

a stabilire il passo. – Nicola cantava addentrandosi in un<br />

labirinto di tronchi, aveva un gallo sul gomito dipinto di<br />

verde edera, aveva del pane su una spalla e un piroscafo<br />

sul petto. Le bestie dietro di lui formavano una fila regolare,<br />

gli zoccoletti snodati, le pupille allineate come minuscole<br />

e languide casse da morto. Giravano, cantavano, bevevano<br />

e belavano prima di far ritorno a casa, la loro bella<br />

casa alla cui costruzione aveva contribuito l’intera foresta<br />

cedendo sassi, sputi e foglie. Lì dividevano i pasti e l’imbrunire.<br />

174<br />

Per trascorrere le lunghe serate invernali, Nicola organizzava<br />

festicciole con giochi di società, lotterie, pantomime,<br />

balli mascherati. Travestiva gli animali con gonne di<br />

frasche e orecchini di ginestra, li ricopriva di gioielli presi<br />

dal bosco. Come un teatro alle sue sorgenti le bestie divenivano<br />

di volta in volta regine, naufraghi, ofelie, pirati,<br />

fantasmi. Come un teatro celato e isolato, disperso, remoto,<br />

separato, le bestie e l’uomo tessevano la trama di una<br />

commedia che nessuno avrebbe mai visto. Nelle belle serate<br />

d’estate invece si leggeva Gulliver all’aperto. – Sono<br />

proprio contento di vedervi così attente. Non mi deludete<br />

mai voi. Destino fai posto a I pianeti. Formiamo un bel<br />

cerchio come sempre. Ed ora ascoltate qua. – Fu proprio<br />

in uno di quei giorni che sollevando il capo dalla pagina<br />

egli fiutò l’alito della montagna. Vi capitò nei pressi circa<br />

tre mesi dopo, un giorno freddo e nevoso in cui s’era spinto<br />

sin là alla ricerca di cibo. Con Omicidio, Gesucristo ed<br />

Eterna aveva battuto in lungo e in largo le sue pendici per<br />

poi risalirne lentamente il costone orientale. Nel vederlo<br />

la montagna sorrise mentre lui ne sfiorava i triangoli, gli<br />

anelli, gli apostrofi di ghiaccio. La luce in cielo andava<br />

spegnendosi quando Nicola si specchiò su un ghiacciolo<br />

appeso a un ramo. – È sera, – fece una voce dal ghiacciolo<br />

o era una pecora o la montagna stessa a parlargli, – farà<br />

buio in fretta. – Nicola si guardò intorno. I lecci gli indicarono<br />

un riparo. I lecci indossavano il maglione dell’inverno.<br />

Nella luce che diminuiva nel sottobosco le ghiande<br />

sparse per il terreno non parevano più ghiande ma turaccioli,<br />

le foglie frecce o trombe, le pietre calamai. Eterna,<br />

solitaria, si addentrò verso la regione più buia dove gli<br />

agrifogli si stringevano agli agrifogli.<br />

175

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