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Creaturine - Sardegna Cultura

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un attimo, posandosi sul suo sesso e rivolando via. Era<br />

contento. Aveva con sé la sua donnola e l’acqua dei dintorni,<br />

aveva un bastone con cui farsi strada e le tasche disegnate<br />

sui fianchi piene di more.<br />

– Venite qua, passeggiamo, – aveva le sue pecore, le pecore<br />

amiche con le quali nei pomeriggi meno torridi passeggiava<br />

a due passi da casa come in una qualsiasi piazza<br />

di paese. Aveva la gola azzurra, le mani libere, il torso di<br />

terracotta bruciato dall’estate. Camminavano in gruppo,<br />

l’uomo al centro, percorrendo quel tratto per ore sinché il<br />

giorno transitando lì a fianco non cambiava posto alle ombre<br />

trasformando la foresta in altro, un cantiere, una darsena<br />

piena di alberi in riparazione. – E tu, Africa, perché<br />

non vieni? perché mi guardi così?<br />

Il bosco cambiava sembianze con il passare del giorno.<br />

D’altronde, si diceva l’orfano, il fuggiasco, l’uomo disegnato,<br />

d’altronde non sono questo gli alberi? Una promessa<br />

di canoe, libri, fuochi, bare, tini, mobili e chitarre.<br />

Le pecore continuavano a seguirlo brucandogli le caviglie.<br />

Nicola camminava e si fermava, sedeva su una sedia<br />

fantastica, guardava la gente passare, osservava la risacca<br />

dei passanti che egli salutava o chiamava perché si voltassero,<br />

ma la folla tirava dritto per la sua strada e lui se ne<br />

stava lì come un uomo fiore bisognoso solo di un po’ d’acqua<br />

sui piedi. – Passeggiare fa bene sapete, non dovete<br />

pensarlo come tempo sprecato. – Passeggiava con gli animali.<br />

Le bestie lo seguivano a testa bassa.<br />

– Ci sono posti, pecore…<br />

Parlava loro di piroscafi, di porti, di mercati. – Certo a<br />

voi può sembrare strano. Ma è solo questione di un piccolo<br />

sforzo, non ci vuole poi molto a immaginare, bisogna<br />

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chiudere per un po’ gli occhi, come faccio io guardate, e<br />

immaginare, adesso immaginate.<br />

Adesso immaginate, pecore, il mondo di Nicola. Immaginate<br />

la mensa in fondo al mare, il suo viaggio verticale, le<br />

immersioni notturne, la cena in tavola, il benvenuto di<br />

suo padre e di sua madre.<br />

– Dovete immaginare.<br />

Immaginate il presepe di pesci, la cordialità, i baci di<br />

sabbia, le lacrime di gioia, i cibi e le sedie.<br />

– Avete immaginato? Omicidio hai immaginato? Credo<br />

di no. Comunque mie care poco male, nulla è cambiato e<br />

voi siete sempre i miei bravi animaletti che mi guardano<br />

con la solita aria sorridente o forse mi guardate per domandarmi<br />

cosa facciamo qui fermi, cosa aspettiamo, ho<br />

detto bene? Cosa aspettiamo?<br />

Cosa aspettano? La foresta generava figure di fantasmi<br />

che fornicavano nella confusione del tramonto. Il vento<br />

portava i lamenti di piante rimaste vedove; il volto dell’estate<br />

tempestato di nidi luccicava di dolore. Cosa aspettano<br />

Nicola e i suoi animali?<br />

Una volta la donnola rimase sola a casa. Nicola e le sue<br />

pecore camminarono l’intero giorno. Quando fecero ritorno<br />

alla baracca era quasi sera. Il sole barcollava senza<br />

testa. Trovarono la donnoletta in piedi sulla porta. Nel rivederli<br />

la bestiolina si sollevò sulle due zampe. Per un attimo<br />

sembrò vestita con un grembiale da cucina da buona<br />

donnina di casa. L’uomo sedette fuori dell’uscio e le bestie<br />

gli si fecero intorno, Gesucristo belò un rutto di rose.<br />

Il suo cranio profumato di petali di stomaco era di un<br />

bianco sublunare. La lana della zazzera le cascava sugli<br />

occhi come i capelli di un’anziana bagnante. Nel silenzio<br />

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