Creaturine - Sardegna Cultura
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era tutto. Era la casa e il sostentamento della famiglia, era<br />
la scansione dei mesi, era la vita che circolava nonostante<br />
tutto e che gli ricordava che un tempo anche lui era stato<br />
altrove. Per sua madre era diverso. Marta Giordano non<br />
amava la ferrovia ma lo aveva seguito lo stesso pur imprecando<br />
contro quegli accidenti di macinini che le crivellavano<br />
il bucato. Non amava la ferrovia ma di lui s’era invaghita<br />
proprio nel giorno in cui si festeggiava allo stabilimento<br />
Lombardi l’attivazione del tronco settentrionale.<br />
Si erano poi rivisti in un paio di occasioni alla Società delle<br />
Ginnastiche e poi ancora all’Istituto Balneare durante<br />
le vacanze estive e quindi fidanzati. Alla nascita della bambina,<br />
tre anni più tardi, Marta e Demetrio capirono che la<br />
loro vita sarebbe stata spesa tutta lì. La donna se ne fece<br />
ben presto una ragione e anche quando era evidente la<br />
precedenza che avevano, nel mondo di suo marito, tradotte<br />
e passeggeri, sul suo sogno d’amore, lei era ben disposta<br />
ad amarlo anche per quello, per quel suo incontenibile<br />
entusiasmo verso la vita della stazione. D’altronde<br />
quanto aveva chiesto al cielo le era stato concesso, l’affetto<br />
di quest’uomo dall’aspetto burbero per via di quei<br />
baffoni arricciolati verso l’alto ma buono e leale. Le sue<br />
mani erano dure è vero, eternamente nere e spesso imbrattate<br />
di untume ma la carezza era tenera anche quando<br />
lasciava una mosca di grasso sul mento. Fu nell’incantesimo<br />
di quei primi anni che lei gli confezionò le uniformi<br />
migliori lavorando di ago e di forbici sino a notte fonda<br />
perché lui fosse sempre all’altezza della sua posizione di<br />
Regio Ferroviere con la giacca e il cappello a posto. Non<br />
era stato tempo sprecato, ne aveva avuta la prova una sera<br />
di tarda primavera quando seduti fuori dalla porta di casa<br />
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a godersi l’arrivo dell’estate lui le aveva confessato come<br />
avrei fatto, – Come avrei fatto Marta se non ti avessi incontrata.<br />
– Era una donna di ventuno anni allora e quelle<br />
poche parole erano bastate per rendere pregiata ogni cosa,<br />
dal binario morto all’immensa pietraia che li circondava,<br />
alla casastazione.<br />
Poco più tardi quell’irripetibile momento, la gioia venne<br />
scalzata dalla tragedia, una di quelle tragedie infide che<br />
arrivano canterellando proprio quando meno te l’aspetti<br />
e si calano sul mondo col loro corollario di farfalline cieche.<br />
Il più piccolo dei Pes, Giacomo, secondogenito nato<br />
a distanza di due anni dalla figlia finì sotto un convoglio<br />
mentre giocava al moschettiere sui binari con la sorella.<br />
Bianca ricorda ancora il corpo esplodere nel cielo autunnale<br />
di un fine settembre mai abbastanza lontano. Lo<br />
raccolsero sparso sul terreno un pezzo di qua e uno di là<br />
così come si trovano i prataioli. La parte migliore, o almeno<br />
riconoscibile, era un piedino, un piedino che ora riposa<br />
in pace nel camposanto dei bambini.<br />
Marta Giordano non alterò neanche un muscolo del<br />
volto in quei giorni irreali perché il dolore la ridusse in<br />
pietra, le indurì il labbro e il ciglio dove le lacrime seguitarono<br />
ad accatastarsi senza scendere per ore ed ore come<br />
un mucchio di sassi. Dalla veglia si alzò grigia a trent’anni<br />
di età e con una ruga diagonale dalla guancia al collo. Si<br />
alzò dopo esservi rimasta seduta ventidue ore senza un<br />
gesto né un suono che non fosse il tramestio del suo corpo<br />
che cambiava. Uccise due tortore per pranzo, le due tortore<br />
amiche di Giacomo e Bianca con le quali i bambini<br />
amavano giocare e alle quali avevano dato i loro nomi,<br />
Giacomo e Bianca, erano i nomi dei due uccelli che la si-<br />
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