Creaturine - Sardegna Cultura
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Guardarono insieme il topo come si guarda un paesaggio.<br />
L’animale rovistò un po’ tra la verdura del davanzale<br />
poi saltò nella strada e scomparve.<br />
– Lì cos’hai fatto? – chiese l’uomo sfiorando coi polpastrelli<br />
la sbucciatura del polso.<br />
– Non è niente.<br />
– Vieni mettiamo un cerotto, una bella signora come<br />
lei dovrebbe prestare un po’ più d’attenzione alla propria<br />
pelle.<br />
Alle sette e trenta i fratelli Poro si alzarono, in tempo<br />
per scorgere l’amico di spalle svoltare in fondo alla strada.<br />
La donna li salutò entrambi con fagioli e caffè e mentre<br />
suo marito si avviava verso i suoi viali di sifilidi, lei si<br />
tirò su le maniche e mise in moto la giornata.<br />
Raffaele e suo fratello erano rimasti molto colpiti dalle<br />
fobie di Bianca. Non c’era rettile o ragno o incubo notturno<br />
che le ispirasse più ribrezzo di un uccello. Senza<br />
quell’immondizia della natura il mondo sarebbe stato<br />
perfetto. Ai gemelli non interessavano le ragioni che<br />
spingevano la giovane a coprirsi il viso ogni qualvolta<br />
veniva sfiorata da un pettirosso, o ad irrigidirsi attraversando<br />
la piazza ricoperta di piccioni. A loro dispiaceva e<br />
basta.<br />
Per ciò ogni mattina le facevano strada in giardino<br />
sventolando un asciugamani o se necessario sferrando<br />
qualche ombrellata sulle siepi.<br />
Quel giorno fecero lo stesso. Poco dopo Bianca si ricordò<br />
dell’invito a pranzo. Mancavano quattro ore e<br />
dunque non c’era fretta per inabissarsi tra i fornelli. Bisognava<br />
pensare ai topi invece. Raffaele e Tobia si presero<br />
cura di tutto. Racimolarono il veleno e chiusero le vie<br />
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di fuga. Bianca doveva tenersi lontana, ma cercò lo stesso<br />
di dare una mano per quanto poteva.<br />
Attirati dall’odore del pesticida i sorci accorrevano a<br />
frotte e quello che non stramazzava subito veniva finito<br />
dai due fratelli nella vasca o soffocato con gli stracci. Fu<br />
una mattinata da ricordare perché nell’impeto della battaglia<br />
Bianca mostrava le sue cosce al cielo. La donna restò<br />
incantata davanti all’agilità dei due uomini quando li<br />
vide inerpicarsi su lungo il fusto del fico gigante. L’albero<br />
li resse sulle sue spalle forte come un maciste perché<br />
era una pianta sontuosa e libera, capace di sopportare il<br />
peso di trecento gemelli.<br />
La giornata era bellissima e piovevano topolini quando<br />
bussarono alla porta. Bianca andò a vedere ma rientrando<br />
dal giardino un sorcetto si infilò dentro casa. – Ora ti<br />
sistemo io, – fece gettando un’occhiata bieca verso terra.<br />
Lo cercò sotto madie tappeti e sofà mentre continuavano<br />
a picchiare. – Vengo, vengo, – ebbe appena il fiato di<br />
dire sbuffando. Andò alla porta trascinandosi come un<br />
vecchio tagliagole. Suo marito la guardò spaventato, Gabriele<br />
Fois gli era accanto.<br />
– Ma… amore… è successo qualcosa? – riuscì a balbettare<br />
a stento Rosario Vaira. Sua moglie lo guardò (se è<br />
successo qualcosa? Ho solo divorato mio fratello), si voltò<br />
e vide la pendola, mezzogiorno in punto, poi passandosi<br />
la mano sul sedere gli sorrise: – Successo?… niente… –<br />
proprio niente continuò mentre il topolino metteva fuori<br />
la testa dalla pettorina del grembiale attraversandola di<br />
corsa da spalla a spalla. Rosario fece le sue scuse all’amico<br />
e lo riaccompagnò alla piazza. Stette fuori tutto il giorno<br />
e camminava da solo e sorrideva ripensando a sua moglie<br />
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