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Creaturine - Sardegna Cultura

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Fecero le presentazioni e poi toccò a Rosario farsi sotto.<br />

Ne scandirono il nome mentre lui mandava giù un bicchierino<br />

di abboccato, Bianca restò impressionata dal<br />

colore rosso cupo del liquido.<br />

– Il dottor Rosario Vaira signori, – esclamò Gabrielino<br />

Fois facendo voltare i tre fratelli al tavolo vicino. Rosario<br />

si tirò in piedi a fatica; quando la mano di lui sfiorò quella<br />

di lei la donna avvertì un sottile barcollamento. Mentre<br />

il dottore le sfiorava la mano, di fuori Ferdinando<br />

Sattabranca tirava dritto per la sua strada.<br />

Gabriele Fois e Demetrio Pes continuarono a conversare<br />

sporgendosi ora dalle loro sedie. Rosario rigirava tra le<br />

mani il bicchiere vuoto con una gocciolina di sangue sul<br />

fondo. Fortunatamente vennero a cercarlo per un’urgenza,<br />

lui ringraziò il cielo ma il danno oramai era fatto e l’uomo<br />

che si richiudeva la porta del locale alle spalle camminando<br />

dentro la bufera non era più lo stesso. Al termine<br />

della giornata tornò a casa e si osservò le mani: sulle palme<br />

aveva impresso dipinto il volto di lei. Levò il cappotto e il<br />

volto spuntò tra i ciuffi del collo di pelliccia, tirò le coperte<br />

per infilarsi a letto e il corpo di lei era già là addirittura<br />

nudo, il suo viso sul guanciale era di uno splendore doloroso.<br />

Si diede un sonoro schiaffo sulla guancia imprecando<br />

contro la sorte per quel fottuto incontro del mattino,<br />

non voleva l’amore, non voleva sentirsi innamorato, pensare<br />

agli indizi e ai sottintesi e a tutte quante le stronzate<br />

tipiche degli spasimanti. Eppure i sintomi non davano<br />

scampo. Aveva sì o no trascorso l’intera giornata ripensando<br />

a quell’unico sguardo? Almeno quattrocento volte,<br />

quattrocento sguardi che lo infilzavano come un tordo e<br />

che sentenziavano Amore a Prima Vista. Era stato sì o no<br />

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devastato dalla freschezza della sua pelle, dal suo profumo<br />

di stazioncina, dai suoi occhi leggeri come petali, dalla<br />

sua bocca forte e dolce al tempo stesso e amorevolmente<br />

adolescenziale? Sì! Sì! Sì! Si sgolò percuotendo il cuscino<br />

contro la testiera del letto, sì, ripeté prendendo a calci il<br />

pitale e mandandolo a cozzare contro la porta, – Purtroppo<br />

sì… – sussurrò alla fine sgonfiandosi all’improvviso rilasciando<br />

le braccia e mettendosi a sedere. Rimase fermo<br />

fermo e zitto. Era sempre stato convinto d’avere un cuore<br />

diverso, lui, un cuore attento. Passò una notte pessima,<br />

sognando lei che lo guardava attraverso la prima “O” di<br />

Godimondo e gli diceva qualcosa, qualcosa che non capiva,<br />

che non udiva proprio ma che dal movimento delle<br />

labbra pareva proprio essere “Rosario…” e poi “amore<br />

mio tenero amore” lui si alzava dal tavolino, si avvicinava<br />

alla scritta ed infilava la testa nella “O” ma tutti ridevano<br />

nel vederlo e lo bersagliavano di neve credendolo un gioco,<br />

un mattacchione che viveva da quello.<br />

Si svegliò trafelato e il pensiero della donna fu il primo<br />

del giorno e gli arrivò come un ceffone. Dunque era proprio<br />

così, la notte non aveva suturato un bel niente. Uscì<br />

per la strada con la valigetta in mano e la mente popolata<br />

di tante lei, lei seduta, lei sotto la pensilina, lei nel sogno,<br />

lei che tace ma soprattutto, soprattutto… e avrebbe voluto<br />

squarciare le orecchie di tutti bussandoglielo sui timpani,<br />

urlandoglielo dentro, lei che lo guardava, un secondo<br />

appena, un indescrivibile, innominabile, incorruttibile<br />

secondo in cui lei lo guarda posando i suoi occhi sui suoi<br />

occhi mentre la palla di neve viaggia e il destino deraglia.<br />

Andò per le case stordito, entrava nelle stanze degli<br />

ammalati ricoperto di petali di rosa, contava loro i battiti<br />

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