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Creaturine - Sardegna Cultura

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2<br />

Rosario veniva dall’orfanotrofio e sino al giorno in cui<br />

Ademaro Grondona lo avrebbe prelevato per tirarselo<br />

dietro la spedizione geografica non aveva conosciuto altro<br />

che sottane di suora. Sua madre era morta del suo parto.<br />

Se ne era andata ancor prima che lui vedesse filtrare un<br />

bisbiglio di sole da quella feritoia sul mondo. Era discesa<br />

a lui per salutarlo. Avevano giocato piano con piroette e<br />

pinnate, avevano bevuto un po’ della stessa acqua, avevano<br />

cozzato per gioco i crani di pelle tenera e sfilato anelli<br />

di luce dalle dita, poi lui l’aveva vista inabissarsi giù e giù<br />

sino alle più remote lontananze e sulle sabbie di quei fondali<br />

tracciare la scritta del suo nome: Rosario.<br />

Da lì in poi l’orfanotrofio delle Vincenziane era stato la<br />

sua casa. Là era cresciuto e aveva studiato. Il luogo sapeva<br />

di minestra e di alveare, ed egli conosceva il segreto<br />

delle più minuscole stanzette, di celle e pertugi. L’alveare<br />

esplodeva al mezzodì. Macchie di calabroni si addensavano<br />

tra le cucine e il refettorio per il pranzo, vociavano<br />

tra il pentolame, sparavano fragorose risate profumate di<br />

pomodoro e denti marci, riempivano del loro color nero i<br />

mosaici dei pavimenti, si curvavano sulle mense, i loro<br />

volti rigonfi di butteri sembravano venir fuori dai vapori<br />

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