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Creaturine - Sardegna Cultura

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no, e già da lungo tempo, tagliato la testa, perché così li<br />

avevano abituati le monachine. Ogni occasione luttuosa<br />

in città infatti era buona per suddividere i tanti bimbi dell’orfanotrofio<br />

in plotoncini, incoccardarli a morte, e guidarli<br />

alle chiese dei santi Sisto e Donato per alleviare le pene<br />

ai funerali. I congiunti afflitti ringraziavano: cosa poteva<br />

esistere al mondo più casto ed eloquente di quei grumi<br />

di orfanetti, di quella stirpe di dimenticati per rammentare<br />

che il peggior tormento è una grazia concessa dal padreterno<br />

se confrontata a quella vita da castrati? Rosario<br />

avvertiva d’istinto l’odore della cerimonia in arrivo, e per<br />

quanto la sua voce più che una voce ricordasse una colica,<br />

o una raucedine, il capitano Valentino Rais desiderava<br />

che fosse proprio lui a rendere omaggio ai suoi cari, il giovane<br />

Rosario Vaira, il giovinetto senza memoria di padre o<br />

di madre, senza fini, né ambizioni, pallido come le pareti<br />

del suo limbo. Il capitano aveva deciso così e nulla poteva<br />

smuoverlo dalla sua idea e ad ogni aprile, ad ogni anniversario<br />

di morte della sua mamma adorata, lo voleva lì, triste<br />

e soave, nel suo abitino da uccellino funebre a cantare la<br />

canzone dei diseredati.<br />

Fu in uno di quegli aprile che Ademaro Grondona giunse<br />

in città col treno da Chilivani. Quando il bruco d’orfani<br />

si mosse per le vie del centro innocentemente funesto, egli<br />

guardava di fuori il paesaggio suicidarsi sulle rotaie.<br />

Quando i ragazzi lustri di nero fermavano col loro passaggio<br />

il lavoro nelle strade egli era giunto alla stazioncina di<br />

Molafà e tendeva il braccio dal finestrino per porgere la<br />

moneta da due centesimi alla ragazza che vendeva acqua<br />

ai viaggiatori (Bianca Pes, la figlia del cantoniere). Quando<br />

infine Rosario cantò Ademaro era in città, lì, sul sagra-<br />

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to della chiesa, attirato da quel gorgheggio da maialino<br />

sventrato. Le falde flosce del suo cappello ondeggiavano<br />

come sempre liberando insetti nell’aria, la sua figura portatrice<br />

di azzurri si delineava sullo sfondo nero della cerimonia,<br />

come un geroglifico, nella forma precisa dello studioso<br />

di scienza naturale. Fece un passo all’interno Ademaro<br />

Grondona portando una zaffata di mufla e di uccelli<br />

rapaci tra i banchi e le acque sante, un solo passo, giusto<br />

il tanto per scorgere il bambino sottomesso ai capricci del<br />

Capitano Valentino Rais, quasi sderenarsi nell’angosciosa<br />

ricerca delle ottave giuste. Gli ci vollero due soli giorni<br />

per sbrigare le sue faccende in città e un paio d’ore per<br />

convincere le pie sorelle all’affidamento del ragazzo. Rosario<br />

non ebbe neanche il tempo di decidere. Mise il piede<br />

sul predellino del vagone alle dieci del mattino mentre la<br />

figura di Nicola andava liquefacendosi nella sua mente<br />

come il grasso sulla rotaia. Quando giunsero la sera ed il<br />

buio la vaporiera ancora urlava di ferri inerpicandosi tra i<br />

precipizi. Rosario guardava di fuori la luce svanita del<br />

giorno alla ricerca di un qualsiasi segno che potesse rivelargli<br />

la natura di quel passaggio ma ciò che coglieva era<br />

solo il riflesso del suo occhio mostruosamente ingigantito:<br />

quasi d’istinto lo chiuse e s’addormentò. S’addormentarono<br />

tutti su quel trenino stillante carboni accesi che risaliva<br />

la notte dispensando incendi alla campagna. La vaporiera<br />

s’insanguinava le mani nelle arrampicate e scorreggiava<br />

di felicità nel paradiso delle discese, aprendosi<br />

varchi irreali tra i cespugli. Il convoglio perdeva denti e<br />

schiumava, si dilavava le gengive in curva ma poi filava,<br />

ecco il miracolo, filava, portando agli animali degli oliveti<br />

il sogno di un segmento luminoso che dispiegava la sua<br />

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