Lo sviluppo della gnoseologia moderna - Swif
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Giovanni Boniolo© 2003 – <strong>Lo</strong> <strong>sviluppo</strong> <strong>della</strong> <strong>gnoseologia</strong> <strong>moderna</strong><br />
la prima (“Così la totalità non è altro che la molteplicità considerata come<br />
unità; la limitazione, la realtà unita colla negazione; la reciprocità è la<br />
causalità di una sostanza in vicendevole determinazione con un'altra; e,<br />
finalmente, la necessità, l'esistenza che è data dalla possibilità stessa” (B<br />
117-118)). 3. Enfatizza che anche la categoria di reciprocità deriva du un<br />
giudizio, nella fattispecie quello disgiuntivo, anche se la cosa non "saltà agli<br />
occhi". Vi è, poi, da sottolineare che Kant accenna ai trascendentali che<br />
secondo l'ontologia scolatica dovevano appartenere a ogni ente prima che a<br />
esso fosse applicabile l'apparato categoriale: quodlibet ens est unum, verum,<br />
bonum. Per Kant, questa teoria ha avuto conseguenze di “valore meschino”<br />
per cui i trascendentali devono essere considerati, in accordo con la sua<br />
"rivoluzione copernicana", non come proprietà ontologiche di ogni ente, ma<br />
come leggi dell'intelletto: “questi presunti predicati trascendentali delle cose<br />
non sono altro che esigenze logiche e criteri di ogni conoscenza delle cose<br />
in generale, a fondamento <strong>della</strong> quale pongono le categorie <strong>della</strong> quantità,<br />
ossia <strong>della</strong> unità, pluralità e totalità [...] In ogni conoscenza cioè di un<br />
oggetto vi è unità del concetto che si può chiamare unità qualitativa, in<br />
quanto in esso è pensata solo l'unità <strong>della</strong> comprensione del molteplice <strong>della</strong><br />
conoscenza: qualcosa di simile all'unità del tema in un dramma, in<br />
un'orazione, in una favola. In secondo luogo, la verità delle conseguenze.<br />
Più sono le conseguenze vere di un concetto dato, più sono le prove <strong>della</strong><br />
sua realtà oggettiva. Questo si potrebbe chiamare la molteplicità qualitativa<br />
delle note che appartengono a un concetto come principio comune (e che<br />
non sono pensate in esso come quantità). In terzo luogo, finalmente, la<br />
perfezione; la quale consiste in ciò, che questa molteplicità e alla sua volta<br />
ricondotta all'unità del concetto, e con esso, e con nessun altro, si accorda<br />
completamente; ciò che si potrebbe chiamare la compiutezza qualitativa<br />
(totalità) [...] Perciò coi concetti di unità, verità, perfezione, la tavola<br />
trascendentale delle categorie non è completata, quasi fosse incompleta; ma<br />
soltanto, essendo posto da parte il rapporto di questi concetti cogli oggetti,<br />
l'uso che se ne fa vien ridotto entro le regole generali dell'accordo <strong>della</strong><br />
conoscenza con se stessa” (B 119-1121). In questo modo Kant coopta i<br />
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