Lo sviluppo della gnoseologia moderna - Swif
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Giovanni Boniolo© 2003 – <strong>Lo</strong> <strong>sviluppo</strong> <strong>della</strong> <strong>gnoseologia</strong> <strong>moderna</strong><br />
categoria, ossia come una definizione relativa al tipico approccio critico kantiano.<br />
D'altra parte, quando Kant parla dell'impossibilità di una 'definizione reale' parla sempre<br />
dell'impossibilità di definire le singole categorie. Quindi sebbene nessuna singola<br />
categoria possa avere una "definizione reale", sembra che del concetto di "categoria" si<br />
possa dare una definizione, e quella appena vista, e che abbiamo chiamato<br />
trascendentale, lo è.<br />
Inoltre, anche se le categorie non sono autosufficienti per la conoscenza e, quindi,<br />
pur non avendo un uso trascendentale, [ 59 ] hanno però un significato trascendentale:<br />
“le categorie pure, senza le condizioni formali <strong>della</strong> sensibilità, hanno un significato<br />
semplicemente trascendentale, ma non hanno alcun uso trascendentale, poiché questo è in<br />
sé stesso impossibile, mancando ad esse tutte le condizioni di un uso qualunque (nei<br />
giudizi), cioè le condizioni formali <strong>della</strong> sussunzione d'un qualunque preteso oggetto sotto<br />
questi concetti. Poiché dunque esse (come semplici categorie pure) non debbono essere di<br />
uso trascendentale, non sono punto di alcun uso, separate che siano da ogni sensibilità; cioè<br />
non possono essere applicate a nessun preteso oggetto; e sono piuttosto semplicemente la<br />
forma pura dell'uso dell'intelletto rispetto agli oggetti in generale ed al pensiero, e per<br />
mezzo di esse sole non si può mai pensare o determinare verun oggetto” (B 251). [ 60 ]<br />
Dunque, le categorie prese in se stesse non hanno alcun uso trascendentale, ma hanno<br />
solo significato trascendentale nel senso che sono condizioni formali per l'esperienza<br />
possibile.<br />
Sono condizioni necessarie per la conoscenza di un oggetto, anzi “le categorie sono<br />
condizioni <strong>della</strong> possibilità dell'esperienza” (B 152): [ 61 ]<br />
“Se io sottraggo ogni pensiero (per categorie) da una conoscenza empirica, non resta più<br />
nessuna conoscenza di un qualsiasi oggetto; giacché con la sola intuizione nulla<br />
assolutamente viene pensato, e il fatto che c'è in me questa affezione <strong>della</strong> sensibilità, non<br />
costituisce relazione di sorta di tale rappresentazione con un qualsiasi oggetto. Se invece io<br />
sottraggo ogni intuizione, mi rimane ancora la forma del pensiero, cioè la maniera di<br />
assegnare un oggetto al molteplice d'una intuizione possibile. Le categorie quindi si<br />
estendono più in là dell'intuizione sensibile, poiché pensano oggetti in generale, senza<br />
ancora guardare alla speciale maniera (di sensibilità), nella quale gli oggetti possano essere<br />
dati senza presupporre come possibile una specie di intuizione diversa dalla sensibile; al<br />
che non siamo in alcun modo autorizzati” (B 156).<br />
Ritornando al problema <strong>della</strong> definizione, vi è anche la possibilità di definire le<br />
categorie operativamente, ossia tramite la funzione che esse svolgono. Per cui,<br />
considerare le categorie come la funzione logica che dà unità alla sintesi delle<br />
rappresentazioni è dare loro una definizione operativa. Questa non è, come Kant<br />
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