Lo sviluppo della gnoseologia moderna - Swif
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Giovanni Boniolo© 2003 – <strong>Lo</strong> <strong>sviluppo</strong> <strong>della</strong> <strong>gnoseologia</strong> <strong>moderna</strong><br />
“Quando si ragiona, non si fa altro che concepire una somma totale dell'addizione di<br />
particelle, o concepire un resto dalla sottrazione di una somma da un'altra; ciò (se è fatto<br />
mediante vocaboli) è concepire la conseguenza dei nomi di tutte le parti con il nome<br />
dell'intero, o dei nomi dell'intero e di una parte con il nome dell'altra parte […] Queste<br />
operazioni non si riscontrano solo nei numeri, ma in tutte le specie di cose che si possono<br />
addizionare insieme l'una con l'altra e togliere l'una dall'altra. Infatti come gli aritmetici<br />
insegnano ad addizionare e sottrarre nel campo dei numeri, così i geometri insegnano le<br />
stesse cose nel campo delle linee, delle figure (solide e superficiali), degli angoli, delle<br />
proporzioni, dei tempi, dei gradi di velocità, forza, potenza e simili; le stesse cose<br />
insegnano i logici nel campo delle conseguenze dei vocaboli, addizionando insieme due<br />
nomi per fare un'affermazione, due affermazioni per fare un sillogismo, parecchi sillogismi<br />
per fare una dimostrazione; e dalla somma, o conclusione di un sillogismo, sottraggono una<br />
proposizione per trovare l'altra. Gli scrittori di politica addizionano insieme le pattuizioni<br />
per trovare i doveri degli uomini, e i giuristi, le leggi e i fatti per trovare ciò che è cosa retta<br />
e ciò che è torto nelle azioni dei privati. Insomma in qualsiasi materia in cui c'è posto per<br />
l'addizione e la sottrazione, ivi c'è pure posto per la ragione; e dove queste non trovano<br />
posto ivi la ragione non ha niente a che fare. Da tutto ciò, possiamo definire (vale a dire<br />
determinare) che cosa si vuol dire con questo vocabolo ragione, quando lo calcoliamo tra le<br />
facoltà <strong>della</strong> mente. Infatti la RAGIONE, in questo senso, non è che il calcolo (cioè l'addizione<br />
e la sottrazione) delle conseguenze dei nomi generali su cui c'è accordo per contrassegnare<br />
e significare i nostri pensieri; dico contrassegnarli, quando li calcoliamo per noi stessi, e<br />
significarli quando dimostriamo o proviamo i nostri calcoli agli altri uomini” ( Hobbes,<br />
1651, pp. 40-41).<br />
Come il passo illustra bene, la comunanza dell'operare matematico e del pensare è<br />
resa possibile dal medio del linguaggio, cioè dall'aver instituito una implacabile<br />
riduzione linguistica dei concetti, ricondotti a segni a loro volta stabiliti per<br />
convenzione.<br />
Come si giunge a tale comune patrimonio di segni? Anzitutto riconoscendo che la<br />
conoscenza è di due specie<br />
“una non è altro che senso, o conoscenza originaria […] e ricordo <strong>della</strong> medesima; l'altra è<br />
chiamata scienza o conoscenza <strong>della</strong> verità delle proposizioni e del modo in cui le cose<br />
sono chiamate” (Hobbes, 1889, p. 43).<br />
Su questa base si può porre la correlazione tra i nostri dati di senso e i nomi, ben<br />
sapendo che possiamo nominare anche ciò che non appare presente, come quando<br />
usiamo la parola "ippogrifo" o "futuro". Ciò diventa possibile perché intrinseca alla<br />
natura umana, oltre il senso, è la memoria, cioè quel potere di tenere presente ciò che<br />
non è più oggetto di senso. [ 17 ]<br />
In Hobbes la riduzione linguistica del pensiero risponde a due esigenze: in primo<br />
luogo la riduzione del conflitto su una realtà che viceversa va ricondotta al dato di<br />
senso; in secondo luogo la economicità <strong>della</strong> gestione linguistica <strong>della</strong> realtà, senza con<br />
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